mercoledì 27 marzo 2013
E' tutto da rifare. Accogliendo la richiesta della Procura generale di Perugia, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito che aveva messo la parola fine al processo di appello per l'omicidio di Meredith Kercher. Il nuovo processo d'appello, però, si svolgerà a Firenze. Dovremo attendere per conoscere le motivazioni della sentenza, ma nel frattempo bisogna chiarire che non si tratta di un giudizio di merito. La sentenza non «ribalta» da assoluzione a colpevolezza il verdetto d'appello, come purtroppo molti organi di informazione con il loro lessico inappropriato inducono a credere. E forse si può azzardare qualche considerazione di carattere generale. La giustizia italiana sembra ormai una maionese impazzita. Tanti, troppi sono i casi in cui su una stessa vicenda giudiziaria intervengono più di due sentenze di merito e altrettante da parte della Cassazione. Una quantità tale di verdetti contraddittori, spesso anche nell'ambito di uno stesso grado di giudizio, che di per sé lede la credibilità dell'intero procedimento giudiziario.
E occorrerebbe una riflessione approfondita su quell'anomalia solo italiana che porta la pubblica accusa a ricorrere sempre e comunque, fino al terzo grado di giudizio, contro le sentenze di assoluzione, anche senza che siano emerse nuove e schiaccianti prove che giustifichino la riapertura del caso. Quasi che per il nostro ordinamento l'onore dei procuratori smentiti dai giudici sia meritevole di maggiore tutela rispetto alle garanzie degli imputati. Com'è possibile, infatti, dal punto di vista logico, sgombrare il campo da ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza di qualcuno sottoposto ad un nuovo processo di merito, se costui è stato già giudicato innocente sulla base degli stessi elementi?
E' questo il caso che potrebbe verificarsi nei confronti di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Ancora non concosciamo le motivazioni che hanno indotto la Cassazione ad annullare la sentenza del processo di appello di Perugia, ma nella sua requisitoria il sostituto pg non ha motivato la richiesta di annullamento con alcuna nuova prova a carico degli imputati. Si è limitato a lamentarsi di quanto i giudici di appello abbiano sottovalutato gli argomenti dell'accusa, quindi in sostanza a delle semplici contro-deduzioni alla sentenza di assoluzione, che per quanto possano risultare condivisibili non introducono alcun nuovo elemento di merito rispetto a quelli su cui si basa.
E' possibile che anche i giudici della Cassazione abbiano riscontrato nella sentenza annullata il «raro concentrato di violazioni di legge» e il «monumento alla illogicità» di cui ha parlato il sostituto pg nella sua requisitoria. Lo vedremo. Ma la Procura generale rimprovera ai giudici di appello di non aver preso in considerazione, o di aver sottovalutato, gli elementi dell'accusa, e di aver basato il loro giudizio solo sugli argomenti della difesa. Eppure, di per sé l'aver trovato più convincenti questi ultimi piuttosto che i primi non può portare all'annullamento di una sentenza, perché altrimenti non esisterebbero proprio sentenze di assoluzione. E' del tutto ovvio: se un giudice ha deciso di assolvere piuttosto che condannare, deve aver ritenuto di dover “sotto-valutare” gli elementi dell'accusa e “sopra-valutare” quelli della difesa. Viceversa, sarebbe arrivato ad una sentenza di condanna.
Né si può rimproverare alla Corte di aver «frantumato, parcellizzato, gli elementi indiziari», dal momento che spetta all'accusa presentare logicamente il complesso di indizi raccolti al punto di trasformarli in una prova in grado di dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la colpevolezza degli imputati. Insomma, dalla requisitoria della Procura generale si ha ricava l'impressione che si rimproveri ai giudici che hanno assolto Amanda e Raffaele di aver ritenuto le tesi della difesa più convincenti di quelle dell'accusa. E' sufficiente questo per annullare una sentenza? Un processo non serve proprio a stabilire quali argomenti debbano prevalere e quali, invece, siano da sottovalutare?
di Federico Punzi