Servizi in streaming a cinque stelle

sabato 23 marzo 2013


La reazione più naturale emersa in chiunque abbia consapevolezza della natura delicatissima di un organo come il Copasir, di fronte alla richiesta da parte del M5S di poter presiedere la commissione di garanzia che di esso si occupa, è stata lo sconcerto. Un diffuso sbigottimento, quello ingenerato da una tale evenienza, che non va a censurare la fisiologia del movimento capitanato da Beppe Grillo, al cui interno è insindacabile il diritto di ogni suo esponente alle propria appartenenza e alle proprie idee. Ma che prende responsabilmente atto delle conseguenze in materia di sicurezza di questa natura a dir poco caleidoscopica di M5S. A far impennare la percentuale di rischio della richiesta avanzata al capo dello Stato dai grillini è il fatto che l'inedito e retorico ritualismo democratico-elettoral-mediatico abbracciato da M5S e affidato esclusivamente al web, ha imposto che dei protagonisti di questo debutto sulla scena politica sia stata preclusa la conoscenza da parte dei cittadini. Inclusi quelli che ora, in veste di deputati e senatori, saranno forse chiamati ad esprimersi con il voto a favore dell'assegnazione ai grillini del Comitato Parlamentare per la Sicurezza.

L'accanimento anti-mediatico da parte dei grillini non tiene conto del dovere di chiunque intenda ricoprire o ricopra un incarico pubblico di esporsi anche al rischio di essere frainteso dagli operatori dell'informazione. E ha avuto la sua più alta espressione "democratica" nella farsesca e inaccettabile "conferenza-a-stampa tacitata" dei presidenti di M5S di Camera e del Senato Vito Crimi e Roberta Lombardi, semplicemente negando a tutti la possibilità di avere un prospetto dell'identità dei futuri parlamentari provenienti dalle fila del grillismo. Ora, questa non è considerazione di poco conto se si pensa che il comparto della Sicurezza nel nostro Paese prevede che chiunque in virtù del proprio ufficio possa venire a conoscenza di informazioni o avere accesso a documenti il cui contenuto, se rivelato, può rappresentare un rischio per la sicurezza dello Stato, non soltanto deve fornire garanzie allo Stato sulla capacità di mantenere e custodire questi dati secondo le regole stabilite e preposte a salvaguardare informazioni sensibili, ma non può gestire materiale "classificato" senza un Nos del presidente del Consiglio. Il nostro è paese di anomalie e non ci siamo fatti mancare nemmeno quella per cui, mentre i parlamentari europei devono adeguarsi ad una normativa che, unica eccezione virtuosa di un'Europa dirigistica e impositiva, prevede anche per loro vincoli cui sono sottoposti gli altri cittadini, nessuno escluso, l'Italia non sottopone i politici ai simili obblighi.

Tanto che già allo stato attuale, le evidentemente blande restrizioni sulla riservatezza imposte ai componenti della commissione non ostano fughe di notizie, spesso nel giro di mezz'ora dal momento in cui si chiude la seduta in commissione, su documenti di assoluta segretezza. È fin troppo comprensibile perché le ambizioni di M5Ssi siano posate sull'organo cui è affidato il controllo sui Servizi di Intelligence, le funzioni dei cui componenti e tanto più del cui presidente esigono il confronto con i vertici dei Servizi Segreti e prevedono un ampio potere di condizionamento delle linee politiche in ambito di Sicurezza nazionale. Ed è ancor più evidente che all'interno di un soggetto politico come M5S compaiano, tra gli stessi eletti alle due Camere, esponenti inclini a consapevoli adesioni ideologiche o anche semplicemente simpatizzanti o collaterali a movimenti per definizione antagonisti allo Stato e alle sue decisioni, declinati nella variegata selva dei No-Qualcosa. Non fanno mistero alcuno delle proprie simpatie né il senatore Marco Scibona, vero e proprio elemento di saldatura tra i No Tav e M5S, né il deputato Adriano Zaccagnini ex esponente dell'Onda studentesca, né il gruppetto dei parlamentari siciliani tutti provenienti dalle fila del No-Muos, l'associazione che combatte l'installazione dei radar nato in Sicilia.

Oggi, tanto per restare agganciati alla cronaca, un'ottantina di parlamentari grillini parteciperanno alla manifestazione No-Tav indetta a Susa. M5S, di grazia, pensa che anche il settore della Sicurezza debba essere almanaccato come una delle caselle da riempire da uomini a caso in base a vaghe competenze per aver giocato a guardia e ladri o alle spie da piccoli, magari pescando tra qualcuno dei campioni della no-globalizzata "constatazione a prescindere"? O ci si deve rassegnare all'ottica in cui quello che dovrebbe rappresentare il tempio della democrazia venga ulteriormente e ancor più colpevolmente strattonato al limite di diventare esso stesso il punto di non ritorno della fragilità per la sicurezza dello Stato? Inchiodarsi a questa riflessione così banale, ma così di sostanza e di adamantina chiarezza, rappresenta un passaggio meritorio dal punto di vista istituzionale.

A prescindere dalle magnifiche sorti e progressive dei grillini all'interno di un prezioso organo come il Copasir. Anche perché, si può anche eludere l' insidioso e imprudente (perché incompatibile con un assetto democratico che non prevede patenti di legittimitàa chicchessia in politica) interrogativo se affidare il Copasir ai grillini non significhi, in ultima analisi,compiere un'operazione "Uroboro", rischiando di piazzare alla guida della Sicurezza proprio i soggetti che i Servizi hanno il compito di arginare e contenere. Ma, cedendo alla tentazione dell'ironia la domanda finale è se, con M5S al Copasir, oltre alla prospettiva di poter contare su dei Servizi in streaming a Cinque Stelle, tutto sommato non si finisca per accettare di inserire nel novero delle possibilità future anche quella di ritrovarci in stato di guerra con la Repubblica di San Marino o con il Vaticano.


di Barbara Alessandrini