Sgarbi: «Napolitano deve restare»

martedì 5 marzo 2013


«Non azzardatevi ad eleggere in queste condizioni il nuovo Presidente della Repubblica». Questo il warning lanciato da Vittorio Sgarbi ai nuovi eletti deputati e senatori. Alla domanda postagli dal poeta romano Vittorio Varano (Poeti d’Azione, rivista Poeti e poesia), se un Parlamento semestrale, possa eleggere la prima carica dello Stato di durata settennale, il noto uomo di arte e di penna risponde: «No, sarebbe paradossale che le due Camere, non essendo in grado di formare un governo, o potendone nominare uno che difficilmente potrà durare oltre pochi mesi, eleggano al Quirinale una personalità destinata a durare per un settennato. Un Parlamento che non possa durare non ha il diritto morale di eleggere un presidente che dovrà durare 7 anni. Sarebbe un altro, l’ennesimo, contributo all’autodistruzione del sistema democratico, dell’ordine istituzionale e del Paese stesso».

Malgrado le correzioni maggioritarie della legge elettorale verso il bipartitismo, il risultato elettorale ha promosso 4 formazioni \coalizioni: il centrosinistra (340 deputati e 118 senatori, il centrodestra (124 e 116), il M5S (108 e 54) e la lista del presidente del consiglio uscente (45 e 19). Se la legge assegna d’ufficio (con 200 seggi) la maggioranza al centrosinistra, il sistema bicamerale perfetto pretende il superamento anche dei 158 seggi di maggioranza senatoriale, irraggiungibile, senza intese della sinistra o con Berlusconi o con Grillo.

Prima ancora di risolvere il busillis del nuovo governo, a metà aprile il Parlamento dovrà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Su questa nomina, ribadisce Sgarbi «Ogni soluzione appare cervellotica e pericolosa per la fiducia popolare nella politica». Appare irraggiungibile la soglia dei 674 voti, maggioranza qualificata di due terzi dei rami parlamentari più gli elettori regionali, necessaria durante le prime 3 votazioni. Nemmeno per le successive votazioni a maggioranza semplice, le 504 preferenze sembrano alla portata. Sinistra e Monti potrebbero convergere con i loro 522 voti eleggendo, come avvenuto nel 2006, un presidente di parte.

Quell’elezione, avvenuta al IV° scrutinio, il primo utile a maggioranza semplice , almeno poteva contare sui 543 voti dell’allora maggioranza che oggi non va oltre i 469. In alternativa, un accordo tra i partiti maggiori, come avvenne nel’99 per Ciampi, eletto al primo scrutinio sembra fatta apposta per esacerbare la vera maggioranza nel Paese, fatta di protesta ed astensione. Infine, ripercorrere una lunga fila di votazioni, come avvenne per i 16 scrutini di Scalfaro, nominato sotto le bombe della mafia, destabilizzerebbe ancora di più la situazione politica e sociale, in un contesto di esacerbante crisi economica. Dichiara Vittorio Sgarbi: «Non ci sono altre possibilità. Napolitano, in un modo o nell’altro deve restare. Questo Parlamento può e deve soltanto rimettere mano alla legge elettorale. Non deve rifare un governo, prendere provvedimenti sulla crisi o altro. Deve legiferare sulle modalità di composizione del Parlamento. E lo deve fare, garantendo una sicura governabilità».

In quale modo?

«Tante le soluzioni, dal premio di maggiorana nazionale anche al Senato al percorso, tante volte, chiesto dalla sinistra del doppio turno. E quello dei poteri presidenziali del Premier, chiesto altrettante volte dalla destra. E’ esattamente il sistema francese. La legge elettorale ha colpe, non di mancata rappresentanza o di scarsa democraticità, ma di non garantire il potere di governare. Se resta così, rischia di mandarci nel caos».

Una volta fatta la legge elettorale?

«Napolitano deve dimettersi ed il Parlamento sciogliersi. Le nuove elezioni fatte su regole rinnovate permetteranno la nomina di un governo forte con una stabile maggioranza. Non c’è tempo e modo per affidarsi a giudici e costituzionalisti». Non si può modificare la Costituzione allungando il mandato presidenziale e l’art. 85 fissa l’elezione presidenziale ad un mese prima della scadenza del suo mandato. «Non si tratta di prorogare il mandato di Napolitano, ma di rieleggerlo, nell’ambito di un accordo fatto dagli uomini e non dalle carte. Tutti rieleggano Napolitano che si impegni a dimettersi appena rifatta la legge elettorale ed ad indire nuove elezioni».


di Giuseppe Mele