La catastrofe elettorale di Bersani

mercoledì 27 febbraio 2013


Mi sembra fuor di dubbio che Bersani sia il principale sconfitto del terremoto elettorale che ha frantumato i vecchi equilibri politici. Non percependo, come d'altronde gli altri partiti, il pericolo di un voto di protesta che stava dilagando, il segretario del Pd è andato allegramente verso la catastrofe commettendo due errori madornali: si è chiuso nel recinto del suo bacino elettorale sotto la formula dell'usato sicuro e, nella prospettiva di vincere facile, ha sostanzialmente boicottato ogni tentativo di realizzare una seria riforma elettorale. E dato che, a prescindere dai contenuti politico- programmatici, il suo partito aveva in mano una carta formidabile, ossia Matteo Renzi, per evitare che il grillismo gli erodesse milioni di consensi, lui e i soloni del vecchio gruppo dirigente post-comunista hanno preferito nascondersi dietro la foglia di fico di primarie farsa, fatte in modo per premiare l'uomo d'apparato ai danni di chi poteva dare al Paese, se non altro, una illusione di cambiamento.

Tutto questo ha contribuito, insieme alle evidenti resistenze allo svecchiamento della politica presenti anche altrove, a fare del M5S il primo partito d'Italia. Una forza politica che ha raggiunto quasi il 26% dei consensi, dilagando ovunque, sulla base di alcuni slogan e parole d'ordine inquietanti. A parte il tema cardine del "mandiamoli tutti a casa", gli uomini di Grillo si battono per far indire un referendum sull'euro, prospettando chiaramente la possibilità di non pagare il debito o di pagarne solo una parte. Al primo punto del loro programma vi è il cosidetto reddito di cittadinanza, ed a seguire una sfilza di proposte altrettanto dubbie sul piano della copertura finanziaria. Per non parlare di un no reciso a qualunque progetto infrastrutturale, come la Tav o i termovalorizzatori, altro fiore all'occhiello di un movimento che si alimenta con l'utopia della democrazia diretta, controllata però col pugno di ferro dal comico genovese e dal suo guru Casaleggio. Resta il fatto che a causa di una classe politica irresponsabile, Partito democratico in testa, la quale non è riuscita a mandare al Paese un benchè minimo segnale di cambiamento, il M5S da termometro della malattia si sta trasformando rapidamente in una cura radicale, con tutta una serie di preoccupanti prospettive per l'Italia e, a questo punto, per l'intera zona euro.

Giunti a questo punto la via per evitare il disastro mi risulta molto ma molto stretta. In primis, pur se in modo tardivo, ciò che resta del vecchio sistema politico dovrebbe finalmente riuscire a superare una legge elettorale barbara la quale, come è accaduto alla Camera, riesce a dare un premio di maggioranza del 55% dei seggi ad una colazione che ha preso il 29,54% dei voti, con la seconda staccata dello 0,36%. Per questo motivo non vedo molte altre alternative ad un governo istituzionale, o di larghe intese che dir si voglia, che traghetti in tempi rapidi il paese verso nuove elezioni con una legge ben diversa (personalmente credo che il doppio turno alla francese, analogo al sistema in vigore per i comuni sopra i 15.000 abitanti sia il sistema che meglio garantisca la governabilità). Ma nel frattempo, non me ne voglia il buon Bersani, credo che sia doveroso per il leader della forza uscita profondamente sconfitta da queste elezioni, il Partito democratico, cominciare a dare un segnale forte di cambiamento, rassegnando in modo irrevocabile le sue dimissioni. Anche su questo piano non vedo molte altre alternative. Il paese mai come in questo momento avrebbe necessità di indicazioni chiare e responsabili. Staremo a vedere.


di Claudio Romiti