E se fosse la volta buona?

martedì 26 febbraio 2013


 Sono vent’anni che ci prova a rendere più liberale questo Paese ingessato da uno Stato opprimente, costoso ed inutile. Tanto è stato fatto, ma tanto di più si sperava e ci si aspettava che facesse. Questo non lo si può negare. Ma non si può neppure negare che solo con Berlusconi certi temi sono passati dai sogni impossibili della maggioranza silenziosa e spremuta come un limone al programma ed all’azione di governo, non solo suoi, ma di chi ha tentato invano di copiarlo, di combatterlo e che di certo ha fatto più danni che altro quando si è trovato disgraziatamente a governare.

 

Non si può negare che tante riforme liberali ed istituzionali sono state fatte e poi sono state abrogate, cancellate, ridimensionate dai governi successivi o, peggio ancora, da autolesionistici referendum, a partire dal più grande errore commesso da noi italiani quando abbiamo bocciato la riforma della Costituzione, salvo poi pretendere di riavere quelle stesse riforme, come anche solo la riduzione dei parlamentari che va tanto di moda ultimamente.

 

Non si può negare tanto meno che gli alleati, a partire dai principali Fini e Casini, non hanno retto né la sindrome da gratitudine, né il complesso di inferiorità, né la smania di sostituirlo il prima possibile, ed hanno fatto di tutto per impedire che quelle riforme fossero fatte. Certo, non si può neppure negare che abbia commesso degli errori personali che hanno offeso, deluso ed allontanato tanti suoi elettori.  Ma se fosse la volta buona?

 

Le condizioni stranamente e nonostante tutto ci sono tutte, forse più ancora che in altre elezioni.

A partire dal fatto che gli alleati traditori si sono andati a suicidare politicamente da soli in un centrino, dove nella migliore delle ipotesi pietiranno le poche poltrone disponibili e nella peggiore impediranno qualsiasi governabilità per pretendere poltrone che non gli spetterebbero mai in base ai pochi voti ricevuti.

 

Può essere la volta buona che i partitini tutto veto e niente voto spariscano dal Parlamento e si arrivi finalmente ad una democrazia matura, bipartitica o almeno bipolare, l’unica che in tutto il mondo garantisca la maggiore governabilità con i minori costi pubblici e minori occasioni di corruzione. Ed è per questo che non ho votato Giannino, che continuo a considerare un adorabile esperto di economia che ha tanto da insegnare a molti professoroni, ma che con il suo movimento, malgrado le buone idee, contraddice irrimediabilmente se stesso anteponendo la sua forse eccessiva vanità alla evidente impossibilità di essere davvero incisivo.

 

Può essere la volta buona che si impari dagli errori commessi per non ripeterli e si arrivi finalmente alla riduzione della pressione fiscale e della spesa pubblica, dopo che l’ultimo disgraziato governo ha dimostrato come la tecnicità serva solo a nascondere le ricette di speculatori e conquistatori stranieri interessati a far man bassa dei nostri risparmi e delle nostre migliori aziende. Può essere la volta buona che si metta mano alla cancrena della magistratocrazia, ritornando alla suddivisione dei poteri democratica che abbiamo perso giusto vent’anni fa.

 

Ed è per questi motivi che l'ho votato domenica, ma soprattutto perché la politica, quella vera, per me continua ad essere fatta di idee, di programmi, di coerenza, di disegni complessivi, di fattibilità dei programmi, non di persone, non di gossip, non di urla, non di slogan vuoti. Perché nessuno è immune dal vizio primigenio ed intrinseco di utilizzare il potere per se stesso e l’unico modo per limitare questo vizio a tutti indistintamente i politici è quello di limitare a monte il potere dello Stato in tutti gli ambiti possibili, proprio con quelle riforme liberali che ancora oggi Berlusconi è l’unico a portare avanti nel suo programma, nelle sue idee, nei suoi disegni complessivi con coerenza e fattibilità.

 

Ed io non tradisco le mie idee.


di Barbara Di Salvo