I mirabolanti piani di Bersani

martedì 12 febbraio 2013


Questa grottesca campagna elettorale passerà alla storia per l'impressionante numero di balle - non palle - infuocate che i politici si stanno lanciando senza esclusione di colpi. E mentre alcuni accusano Berlusconi, dal quale personalmente ho preso le distanze da tempo, di vendere fumo, nello stesso tempo fanno a gara nel seguirlo proponendo al popolo cose ridicole quanto irrealizzabili. Esattamente su questo piano mi ha colpito la sciocchezza colossale che il semiserio Bersani ha tratto in questi giorni dal suo rosso cilindro: i titoli pubblici cosiddetti dedicati con i quali finanziare 10 miliardi di investimenti infrastrutturali nei prossimi 5 anni.

Ora, il segretario del Partito democratico, leader di una coalizione dall'orientamento politico sempre più incerto, vorrebbe farci credere che aumentare il debito complessivo dello Stato col trucco nominalistico delle infrastrutture socialmente utili non avrebbe alcun effetto sul piano del bilancio pubblico, evitando di allarmare i mercati finanziari. Ciò, in termini molto semplici, sarebbe come se un signore, indebitato con una banca fino al collo, si recasse da chi gli ha prestato i soldi chiedendone degli altri, ma dicendo che questa volta non gli servono per i suoi lussi, ma solo per sostituire la recinzione del giardino di casa. Ovviamente la banca, pur capendo la differenza del prestito, gli chiederebbe un interesse ancor più alto, semprechè essa avesse ancora fiducia nel suo debitore.

Il debito pubblico italiano ha raggiunto livelli assolutamente preoccupanti e ogni proposta per aumentarlo non può che renderlo ancora più rischioso agli occhi degli investirori, interni o esteri che siano. Tra l'altro, questa trita idea keynesiana di realizzare piani di infrastrutture quando c'è una crisi, anzichè farlo sulla scia delle esigenze di ammodernamento che scaturiscono dallo sviluppo spontaneo della società e dell'economia, da noi finisce troppo spesso nella costruzione di tante intutili cattedrali nel deserto, buone solo a dare lavoro ad imprenditori amici e salariati in cambio di consenso.

Caro Bersani, l'unico modo per rilanciare lo sviluppo e l'occupazione è legato ad una sostanziale riduzione del peso dello Stato, abbattendo contestualmente una spesa pubblica da Paese sovietico e una tassazione feroce. O si fa questo, con tutte le gradualità che vogliamo, oppure si fallisce, provocando la rapida uscita dell'Italia dalla zona euro. Tertium non datur.


di Claudio Romiti