Casa, la “exit strategy” di Finco

venerdì 25 gennaio 2013


Se il siderurgico oggi paga altri 20mila operai in disoccupazione, di contro nell’edilizia cala dell’80% il fatturato, superando anche i settori auto, sanità, ortofrutticolo e manifatturiero. La via intrapresa potrebbe essere senza ritorno, e la politica tutta lo sa bene, anche se in tanti (ovviamente del palazzo) confidano che l’italiana arte d’arrangiarsi metta ancora una volta una pezza al sistema. Speranza che s’infrange contro l’iceberg d’un sistema bancario che, per acclarata incertezza politica, non intende investire più nemmeno un euro per tutto il 2013. Una minaccia destinata a sciogliersi dopo le consultazioni elettorali? Non ci sembra. Infatti piccoli artigiani e commercianti starebbero già supplendo con autofinanziamenti: ovvero accantonare eventuali soldi a nero per superare la crisi, ed in barba ai cani “anti-banconota” da poco in uso alle Fiamme gialle. Ma ecco che un progetto di ripresa viene indirizzato alla classe politica (al palazzo) da F.In.Co.: struttura associativa nata nel 1994, ovviamente è una “federazione nazionale di settore” di Confindustria, rappresenta le industrie dei “prodotti-impianti-servizi ed opere specializzate” per le costruzioni, quell’edilizia tanto bastonata da leggi che vorrebbero mattone e cemento all’indice.

Ma Finco è per «il rilancio sostenibile dell’economia attraverso il settore delle costruzioni». 

«La prima proposta consiste nel trasformare le agevolazioni volumetriche per la sostituzione urbana (“Abbattere per Ricostruire”) da temporanee in permanenti, innalzando il tenore delle medesime al 50% e riservandolo alle sole operazioni di sostituzione urbana – spiegano da Finco - Essa dovrebbe riguardare anche i manufatti industriali e commerciali, oltre a quelli residenziali, nonché essere estesa alla “riqualificazione sismica”, poiché il territorio è la nostra prima infrastruttura e costituisce una risorsa limitata: a questo proposito la Comunicazione 571 del 2011 indica che nel 2050 dovrà cessare l’occupazione dei terreni, a necessità ed urgenze occorrerà  rispondere attraverso l’edilizia industrializzata. L’innalzamento dell’agevolazione per l’abbattimento e la ricostruzione facilita gli interventi di riqualificazione nelle aree urbane degradate o periferiche. Questa è la via, oltre ai “Piani Città” di limitata dotazione complessiva sia dal punto di vista economico che strategico, per rendere vivibili le nostre periferie e conseguire significativi risparmi energetici».

Secondo Finco la seconda proposta verte sulla «stabilizzazione del bonus del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici al 2020». Ovviamente si dovrebbe distinguere la detrazione a seconda del periodo di ammortamento scelto dal contribuente: 50% per 3 anni, 55% per 5 anni, 60% per 10 anni, garantendo comunque il 60 - 75% di detrazione, laddove la riqualificazione energetica sia associata a quella sismica e indipendentemente dalla tempistica. La terza proposta riguarda l’Ecoprestito: La direttiva 2010/31/Ue sulla prestazione energetica nell’edilizia, facendo seguito alla Direttiva 2002/91/Ce sul rendimento energetico nell’edilizia, stabilisce che, entro il 31 Dicembre 2020, tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero. E che a partire dal 31 Dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblic,i e di proprietà di questi ultimi, siano caratterizzati dagli stessi requisiti. 

Nel nostro Paese la possibilità di espandere il margine di efficientamento energetico è grande (attualmente solo il 2% degli edifici appartiene a classi energetiche superiori alla C); ciò sia nell’ottica di ridurre la dipendenza energetica dall’estero, ma anche per migliorare i costi energetici ed il comfort abitativo, al fine di perseguire, nell’ambito dell’attività realizzativa, il concetto di Smart Building, ovvero di costruzioni progettate, collocate, costruite e gestite ottimizzando tutte le risorse a disposizione. 

Per Finco è auspicabile «un ruolo della Cassa depositi e prestiti (che sarebbe bene avesse un ruolo un po’ meno ondivago di politica industriale e un po’ più di concreto supporto alle PMI) a copertura di un Fondo di Garanzia per rassicurare gli istituti bancari in questa operazione».

La quarta proposta riguarda l’attuazione delle misure contenute nell’ipotesi di decreto elaborato da Finco “Per un’Italia più bella e più sicura”. La quinta misura riguarda «la maggioranza necessaria per attuare le misure di abbattimento e ricostruzione con premio volumetrico in sede di condominio, qualora si vogliano mettere in cantiere opere che vadano nel senso dell’efficienza energetica e della riqualificazione sismica».

La sesta consiste nel confermare ed ampliare le categorie merceologiche cui applicare la detassazione degli utili reinvestiti, comprendendo anche i beni strumentali per le costruzioni ( ad esempio quelli non presenti nel codice Ateco 28 come i beni provvisionali).

Al settimo punto c’è la «certificazione e la cessione dei crediti», concernenti gli appalti di lavori, servizi e forniture, che dovrebbe essere ampliata e resa sempre possibile in seguito all’erogazione della prestazione, «o alla fornitura del bene e/o servizio da parte dell’operatore», puntualizza Finco.

L’ottava proposta fa riferimento alla manutenzione: è certamente importante, ed è stato ampiamente riconosciuto, analizzato e normato, l’apporto che le infrastrutture, durante tutto il loro ciclo di vita,  possono dare al rilancio dell’economia del Paese. Finco pensa alle manutenzioni dei beni demaniali, per i quali si renda urgente l’intervento per motivi di sicurezza, per la conservazione o per non arrecare danni  a terzi. La nona torna e sollecita analoghi meccanismi al punto precedente, ovvero interventi per la «manutenzione del patrimonio artistico architettonico e per i beni artistici e culturali». 

Al decimo e ultimo punto una sorta di “Assicurazione del Territorio”, e per le parti di competenza del cittadino. Una proposta obbligatoria di carattere assicurativo obbligatorio, già esistente in altri paesi e riguardante i privati: le opere ubicate in zona a rischio non potrebbero più essere costruite. Soprattutto una gestione del territorio fondata sul “Risk Management” eliminerebbe il degrado e responsabilizzerebbe tutti i cittadini. Non è un mistero che nelle economie di Usa e Nord Europa c’è da decenni l’obbligatorietà che ogni individuo s’assicuri da danni ad individui, cose e patrimoni pubblici e privati. Gli unici non coperti sono i senza tetto, ampia la letteratura e la filmografia in argomento.


di Ruggiero Capone