“Liste pulite”, la toppa è peggio del buco

mercoledì 23 gennaio 2013


La toppa è peggio del buco. La saggezza popolare dovrebbe talvolta essere presa a paradigma da politici e politicanti all’italiana che stanno dando il peggio di sé in questa campagna elettorale da film dell’orrore. Si prenda la vicenda tragicomica del Pdl e della forzata esclusione last minute dei vari Dell’Utri e Cosentino. Suggerita, a quanto pare, solo dai sondaggi. 

A parte gli inseguimenti in autostrada da film di camorra, la prima osservazione che balza agli occhi è che escludendo dopo averlo incluso per due legislature un qualsivoglia candidato si dà all’opinione pubblica il seguente messaggio: “Era veramente impresentabile ma finché abbiamo potuto ce ne siamo infischiati, ora non abbiamo potuto farlo più”.

Così facendo oltretutto si svilisce, fino a renderla ridicola e preda del giustizialista televisivo di turno, qualsiasi campagna passata, presente e futura sul garantismo. Troppo facile obiettare: “Ma quale presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione. Non ci credete neanche voi, è stata una foglia di fico dietro cui nascondere la vostra mondezza umana e politica e ora, colti in fallo dall’opinione pubblica, alzate bandiera bianca”.

Le devastanti conseguenze dell’ammuina sul caso Cosentino, senza per questo volere spendere neanche una parola a favore della presentabilità o meno del personaggio che è quello che è, o che almeno sembra, non sono quelle ridicolizzate ieri da tutti i maggiori quotidiani. No. Sono tutte di là da venire. Ma sintetizzate, sempre ieri, da un breve editoriale di Filippo Facci che già spiega tutto: questa bandiera anti strapotere dei pm da oggi potete arrotolarla e riporla in cantina. Se non peggio.

Il corollario è che si sta consegnando sempre di più nelle mani di pm e giornalisti d’assalto un superficiale giudizio di moralità politica basato esclusivamente sul casellario giudiziario e la fedina penale. Da ora in poi gli errori di gioventù (droga, terrorismo eccetera) non saranno più tollerati. Almeno se vi siete fatti beccare. 

Tutti però sanno che esistono, nel mondo, milioni di incensurati, dalla doppia vita di rispettabili politici e talvolta di ex rapinatori di banca o di trafficanti di eroina o di sequestratori di persona e persino di killer su commissione. Non sono solo personaggi da film, appartengono alla cronaca di tutti i giorni che da tempo ha sopravanzato la fantasia di film e fiction.

Ebbene per tutti costoro non si abbatterà facilmente la mannaia dell’esclusione da una qualsivoglia candidatura elettorale non solo perché oggettivamente difficile lo smascheramento. Ma anche perché si sarà consegnato a un burocratico meccanismo, che assomiglia molto a quello dei certificati antimafia o del marchio made in Italy, la genuinità e la presentabilità del prodotto politico umano.

L’Italia è un paese a metà tra il socialismo reale e il corporativismo post fascista: qui la verità e la sostanza delle cose non è quella oggettiva ma quella che appare da un certificato. Che sia di buona condotta o di abitabilità poco conta. Pannella ricorda le case costruite sotto il Vesuvio con la complice indulgenza di tutte le amministrazioni di destra e di sinistra di Napoli e dintorni.

Bene, se si andasse a sentire i singoli inquilini che vivono sotto un vulcano che quando erutterà, e nessuno sa quando sarà, ne ammazzerà un milione e mezzo in sei minuti, ammesso che non si venga cacciati a male parole, ci si sentirebbe rispondere così: “Tutto regolare, ho i permessi”. O magari il condono edilizio. Magari poi dio li fulminerà insieme al loro certificato di conformità, ma in Italia la logica e la legge quasi mai coincidono. 

Se poi andassimo a vedere gli imprenditori arrestati al Nord accusati di avere colluso con la ‘ndrangheta, o gli appalti assegnati alle rispettive ditte, non ne troveremmo una senza la conformità antimafia garantita dal noto pezzo di carta. Ecco, ora anche la moralità politica, da queste elezioni in poi, sarà sottoposta a un meccanismo del genere: sono incensurato, non sono indagato, quindi son degno. Poi pazienza se “è un deficiente” o peggio.

Finché un pm o una Gabanelli non avranno scoperto nulla su di lui sarà candidabile. Magari ictu oculi non sembrerà una gran brava persona, magari è pazzo, ma formalmente candidabile. La deriva verso cui ci sta spingendo questa incredibile soggezione psicologica agli agit prop della “questione morale” presso il popolino, ci sta portando verso un ulteriore ingranaggio infernale della nostra vita sociale e politica: siamo passati dal “conoscere per deliberare” al “certificare” per ammettere al vaglio del voto.


di Dimitri Buffa