Si scrive Monti, si legge Malthus

giovedì 3 gennaio 2013


Nel 2011, l'Istat ha rilevato che più della metà dei laureati italiani con oltre 25 anni di età abbandonano il Belpaese. Cercano occupazione, e con loro oggi abbandonano l'Italia disoccupati di tutte le età, imprenditori, artigiani, intere famiglie. In Italia non c'è possibilità di lavoro neppure per i laureati più brillanti. E perché la scelta di Monti, ovvero spingere sulla recessione poiché non si può più stampare carta moneta, ha spalancato la porta d'una povertà da cui difficilmente si potrà tornare indietro. E questo aspetto è ben noto al premier che, circa un annetto fa, dichiarava senza mezzi termini che gli spiragli di ripresa sarebbero stati tangibili dopo il 2022, mentre ora che è sceso in politica dice di «vedere già l'uscita dal tunnel». Una evidente bugia di circostanza. E vorremmo chiedere a chi lo sostiene se è da paese normale che le banche abbiano deciso di chiudere i rubinetti di prestiti e mutui finché non sarà chiara la situazione politica: ovvero niente soldi fino al dopo elezioni. Gli italiani vengono ridotti alla fame in nome della salvezza dei conti pubblici, ed è facile credere che non seguiranno le orme del Conte Ugolino, piuttosto faranno strame dei loro carnefici.

L'Italia è oggi il paese con più disoccupazione nell'ambito dei paesi più industrializzati: una disoccupazione pianificata dallo stesso governo Monti che, per scongiurare che una enorme massa di circolante venisse messa in mano ad operai ed impiegati, ha pianificato la disoccupazione di massa dal siderurgico al minerario passando per l'industria dell'auto ed altro ancora. Ora laureati, artigiani ed operai stanno migrando in massa verso Germania, Svizzera, Regno Unito, Francia, Australia, Oceania... e tantissimi paesi che non hanno speso un solo euro per la loro formazione. Abbiamo investito per formare gente che arricchirà dei paesi esteri. Secondo i dati Ocse, sommando le spese statali che consentono ad un giovane di diplomarsi e poi laurearsi, si raggiunge un investimento medio di 125mila euro: tutto questo sacrificio oggi abbandona l'Italia e fiorisce altrove. Emerge che il governo Monti ha anche pianificato la perdita di competitività del nostro sistema produttivo, favorendo di fatto l'industria tedesca.

Il 2012 verrà ricordato come l'anno che ha trasformato L'Italia in fanalino di coda dell'Ue per il significativo numero di giovani laureati. E non c'è comparto che possa ispirare l'intrapresa in Italia. L'allevamento per finalità lattiero-casearie viene sconsigliato a causa delle pesanti limitazioni dovute al tetto europeo sulle quote latte. L'allevamento da carne (suina, bovina, ovina...) non ha ragione d'essere intrapreso per via delle limitazioni al settore a cui s'aggiungono obblighi di legge sempre più pesanti. L'agricoltura italiana non è più competitiva, e la commercializzazione delle produzioni incontra innumerevoli ostacoli. L'edilizia è ferma ed il mercato della casa è bloccato. Sull'artigianato (metalmeccanico, tessile, conserviero...) pesano adeguamenti ad una legislazione Ue che sta spingendo gli addetti alla chiusura o alla clandestinità. In tutta questa moria decollano nuove imposte e la caccia senza tregua all'evasione fiscale, perché Monti ha promesso all'impiego pubblico che la crisi peserà tutta sul settore privato, sull'impresa.

Riusciranno a farci dimagrire demograficamente di 10milioni di cittadini italiani? Questa domanda andrebbe rigirata al Professor Mario Monti, ed in ragione dei suoi malcelati programmi, che nascondono progetti a mezzo tra le teorie di David Ricardo e Malthus. Per Monti e compari “le bocche si moltiplicano geometricamente e il cibo solo aritmeticamente”, dimenticando che la mente umana è anch'essa un fattore nell'economia politica. Ma la visione montiana esclude la democratica partecipazione di tutte le menti, partendo dal postulato che solo ai figli dell'establishement è aperta la porta del contributo d'idee. La restante parte della popolazione è relegata al contributo in braccia o in danari. Il programma montiano è chiaro... se i poveri smetteranno di fare figli il loro salario tenderà a salire da solo, se non faranno uso di mezzi di trasporto che non siano le loro gambe avranno di che risparmiare, la cura della loro salute spetterà ad enti benefici e senza che venga intaccato il pubblico danaro. Dopo 150 anni, tornano in auge le Poor Laws e lontano da dove nacquero.


di Ruggiero Capone