venerdì 28 dicembre 2012
Scacchiere politico in fibrillazione, specialmente per il Pd dove il responsabile del settore economico del partito capitanato da Pier Luigi Bersani, Stefano Fassina, ha appena scoperto le convergenze divergenti. Con Monti e con la sua agenda. È bastato che l’ex premier si spogliasse dalle sue vesti super partes ed erga omnes, e pronunciasse di fatto le sue dichiarazioni di intenti dichiarando «arcaica la sinistra» con un attacco a Vendola e alla Cgil per scuotere Fassina e spingerlo a dubitare di quel ruolo di garanzia inizialmente assunto da Monti. Garanzia che secondo l’esponente del Pd sarebbe al momento «ampiamente ridefinita» da parte dello stesso ex premier cui lo stesso Fassina rivolge il provocatorio invito a «valutare se la scelta che sta facendo è coerente». Smontata, dunque, la favola bella della imparzialità montiana, il Pd inizia a tremare di fronte al palese obiettivo primario dell’agenda montiana: spaccare il partito di Bersani e raccogliere i voti dei renziani e dell’area area liberal e popolare.
Il messaggio sembrerebbe dunque adamantino: scoperte le carte di Monti, il Pd è alternativo ed incompatibile con un’agenda tacciata tra l’altro di esprimere «in pieno le tesi mercantilistiche europee del lavoro svalutato» ed a cui va opposta «l’agenda europea progressista» all’insegna del consolidamento del’unione fiscale, della green economy e della green society. In apparenza, dunque, tutto chiaro, conclusioni tratte. E invece proprio no. Perché da che parte guardi Monti tutto dipende. La realtà è di per sé ambigua e non sarà certo Fassina che, occupandosi di bilanci, poco mastica di filosofia, a scardinare questa certezza. E così con la medesima convinzione nelle stesse ore in cui rilasciava le sue dichiarazioni al vetriolo sull’Agenda Monti e sull’inconciliabilità dei reciproci “europeismi”, eccolo impegnato con il quotidiano della Cei, Avvenire, a sostenere la necessità di «valorizzare ciò che unisce e non ciò che divide il Pd dalla lista Monti» contro il comune nemico dei populismi regressivi di Grillo, della Lega e di Berlusconi.
Una melmetta semantica, quella in cui annaspa il Pd, che non poteva passare inosservata tanto più che Pier Luigi Bersani non ha eccepito nulla rispetto alle contraddittorie dichiarazioni di Fassina prestando il fianco al fin troppo facile attacco dell’ormai montiano senatore Pietro Ichino. Come giustificare la linea di Fassina che rappresenta l’esatto contrario di ciò che Bersani sostiene in Europa? C’è grande confusione sotto il sole ma la situazione, per il Pd, si mette... male.
di Barbara Alessandrini