venerdì 14 dicembre 2012
Dobbiamo aver mal compreso il concetto di democrazia diretta portato avanti da anni da Beppe Grillo e dal suo guru Gianroberto Casaleggio. Avevamo infatti equivocato sull'aggettivo, in quanto trattasi di una forma di democrazia diretta dall'alto da due persone e non qualcosa che emana dal basso, così come i deus ex machina del Movimento 5 Stelle vorrebbero darci a bere. E la brutale cacciata degli ultimi dissidenti, rei sostanzialmente di essere andati in televisione, ne rappresenta la plastica dimostrazione. Chi dissente o si comporta in modo diverso da ciò che prescrivono i dettami imposti dall'alto del blog grillesco viene cacciato a calci nel di dietro. E così, usando il polso di ferro, la pace torna a regnare sovrana nella " Varsavia" di chi si è inventato il non partito del popolo in cui, però, il popolo conta solo se si sottomette al volere dei non capi indiscussi.
Tanto è vero che lo stesso Grillo, all'indomani della scomunica definitiva di Giovanni Favia e di Federica Salsi ha "elegantemente" posto il sigillo a questa epurazione, sostenendo che dentro il movimento non c'è posto per chi pone astruse questioni di democrazia. Questo, tradotto in termini di sostanza, sta semplicemente a significare che, possedendo Grillo il bastone dell'imprimatur politico, o si fa ciò il capo prescrive o ci si toglie -letteralmente espresso- dalle scatole. Ed è per un tale, evidente potere di ricatto che la maggioranza degli aspiranti nuovi politici del Movimento 5 Stelle si inchinano a questa ferrea dittatura, sebbene a livello di base risulti sempre più forte un certo mugugno nei confronti di tali metodi. Ma per come è stato congegnato questo surreale non partito, molto simile ad un qualunque multi-level marketing, sarà molto difficile che il dissenso interno possa riuscire a organizzarsi, almeno in questa particolare fase di crescita tumultuosa. Ed è proprio per questo che la diarchia al comando ritiene accettabile il costo in termini di impopolarità che le loro purghe intestine comportano. Peggio sarebbe, dal loro punto di vista, se si strutturasse una dialettica interna a tutto campo. Il rischio che il dibattito possa far emergere persone e gruppi dotati di una propria autonomia politica è troppo grande per chi continua a lucrare su una forma di qualunquismo mista a comicità. L'idea stessa del confronto e del dibattito sembra letteralmente terrorizzare il comico genovese e la sua eminenza grigia. Altro che democrazia diretta!
di Claudio Romiti