Torna Berlusconi, l’Italia s’è desta...

sabato 8 dicembre 2012


Non sono amante della “marcetta di Mameli”, ma quello che è successo ieri è in perfetta sintonia con le prime frasi dell’inno: «Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta...». Anche se dell’elmo di Scipio non si è cinta la testa, per ovvi motivi storici, il Pdl si è svegliato, anche se parzialmente, dal torpore incomprensibile nel quale ci si era messo da solo, dopo lo strappo democratico del novembre 2011. La barzelletta del famoso senso di responsabilità richiamato ad ogni piè sospinto dal Cavaliere, per giustificare il sostegno al governo Monti, ha avuto l’impatto con la realtà, purtroppo crudele e sadica per il popolo Italiano. Da mesi sostengo che il governo Monti, con i ministri tecnici Passera e Fornero in primis, coadiuvati da una pletora di personaggi, facenti parte di un sistema, mai scomparso in Italia, burocratico ed economico proprio delle grandi organizzazioni finanziarie, ha condizionato, attraverso l’Unione Europea, sempre più tecnocratica, la vita di un grande paese quale è l’Italia, ricca di genialità ed iniziativa, a vantaggio di quei paesi, tipo la Germania, che tali doti certamente non  hanno.

Questo ha fatto il governo Monti, che si vanta di aver ridato credibilità e prestigio all’Italia che stava facendo la fine della Grecia, a causa dell’impresentabilità di un premier che faceva ridere “i polli”. L’Italia è davvero sull’orlo del baratro, oggi e non ieri, ma Napolitano, andando oltre le sue prerogative, ha richiamato all’ordine Berlusconi. Per molto meno Cossiga, detto il picconatore, fu costretto alle dimissioni.  Ma se si vuole soprassedere su questo, si intervenga almeno presso i media, tutti schierati stamane in favore di Napolitano e di Monti, nel sostenere che il Cavaliere, dopo aver risolto i tanti dubbi che lo assillavano, con la sua discesa in campo ha determinato sconcerto nei mercati, con conseguente aumento dello spread. 

Insomma, è sempre colpa di Berlusconi. Ragione per la quale è lecito per salvare il paese, si fa per dire, estromettere il Cavaliere calpestando la Costituzione. Il direttore Arturo Diaconale paragona Berlusconi al più grande centravanti che l’Italia abbia mai avuto, Silvio Piola, il cui carisma era tale che riusciva anche a quaranta anni ad ipnotizzare difensori e portieri. Apriti cielo, finanche un cattolico, di Comunione e liberazione, quale è il Direttore di Tempi, fino a qualche tempo fa schierato a destra, trova il modo di protestare, definendo Berlusconi finito insieme al “berlusconismo”. Forse è giunto il momento di non annoverare la professione di giornalista tra le professioni intellettuali, almeno nel rispetto delle ferree leggi di mercato, vigenti in Europa. Pensate che alla fine del secolo scorso il sottoscritto, quale Consigliere nazionale forense, si è dovuto battere con tutte le sue forze in Europa per far riconoscere la professione di medico tra le professioni intellettuali. Quale era l’obiezione dei tecnocrati europei? I medici in Italia non svolgono la loro professione in autonomia ed indipendenza, essendo in gran numero dipendenti da strutture pubbliche e private. Se così è, la professione di giornalista, a maggior ragione non può far parte delle professioni intellettuali, essedo i giornalisti od opinionisti, condizionati in modo assoluto dagli editori, che dettano la linea del giornale. A me non fa piacere constatare il dato di fatto incontrovertibile, ma così è purtroppo. 


di Titta Sgromo