iStarter: i ragazzi che fecero l'impresa

venerdì 16 novembre 2012


Tutti pazzi per le start up. Anche in quell’Italia costretta ad archiviare definitivamente nel dimenticatoio il vecchio mito del posto in fabbrica, in banca o alle poste, il nuovo must è costruirsi da sé il proprio “posto fisso”: realizzando il sogno di mettersi in proprio, trasformando una buona idea in una nuova impresa. Non un semplice “sogno nel cassetto”, ma in molti casi una stringente necessità. Già, ma come fare? Nel paese che più di ogni altro sembra voler fare di tutto per mettere i bastoni tra le ruote all’imprenditoria, con una pressione fiscale che si porta via fino al 60% degli introiti e una burocrazia senza paragoni, scommettere su se stessi è cosa più facile a dirsi che a farsi. Specie per i giovani, impastoiati in un presente sempre più precario e con la prospettiva di un futuro ancor più denso di incognite.

Non la pensano così però Nicola Garelli, Mattia Pontacolone e Francesco Galietti, un’intraprendente trimurti di giovani Under 35 che ha deciso di gettare il cuore oltre l’ostacolo e fondare iStarter. Proprio a Torino, la città post industriale sommersa dai debiti che cerca di sopravvivere all’ingombrante eredità della Fiat, la città italiana che ha fatto dell’understatement un biglietto da visita, nasce il crogiuolo della giovane impresa emergente che non solo vuol far parlare di sé, ma vuole anche dettare il ritmo della ripresa, alla faccia della crisi. iStarter è un’incubatore di start up all’ombra della Mole che si prefigge il compito di aiutare giovani aspiranti imprenditori a concretizzare le loro idee in un business vero e proprio. «iStarter vuole porsi come nuovo punto di riferimento sullo scenario del Nord Ovest. Con base a Torino, ma con forti collegamenti ai principali snodi finanziari del mercato mondiale, dà l’opportunità alle start-up di fare i primi passi nella capitale sabauda, senza però chiudersi dentro alcuna frontiera», spiega Galietti, esperto di rischio politico e fondi sovrani, dottorando in diritto societario, già consigliere presso il Ministero delle Finanze.

«La forza di iStarter - spiega Galietti - sono i suoi soci: oltre 40, tutti giovani professionisti con ruoli chiave nella finanza, nell’industria, nell’high tech, nel marketing e nelle istituzioni». Giovani preparati, competenti e motivati, ma soprattutto disposti a dare fiducia alle idee dei loro coetanei aiutandoli a trasformarle in modelli di impresa vincenti e competitive. Chiamatela scommessa, chiamatela solidarietà generazionale: loro, quelli di iStarter, preferiscono chiamarla opportunità. E scusate se è poco. Ma perché un gruppo di ragazzi ha voluto mettere in piedi un’impresa giovane all’anagrafe e nell’animo che tendesse una mano ad altre giovani imprese nascenti? Per rispondere a questa domanda, serve un piccolo passo indietro. In linguaggio economico, il termine start up indica molto semplicemente la fase iniziale dell’avvio di una nuova impresa. Quello, in sostanza, in cui l’imprenditore converte il proprio progetto in un’attività vera e propria: acquisendo finanziamenti, assumendo personale, pianificando la produzione e conquista del mercato.

Oggi, però, nel linguaggio comune “start up” è arrivato a definire più in generale quel ricco florilegio di nuove piccole imprese orientate soprattutto verso l’hi-tech, l’innovazione tecnologica e una spiccata vocazione al web. Qualunque sia il campo di attività, però, i problemi di chi avvia un’impresa sono uguali per tutti. E il rischio di incappare nell’incubo del fallimento, specie se non sa bene cosa fare, e soprattutto come, è sempre dietro l’angolo. Per questo la fase start up è considerata la più delicata e complessa di tutta quanta la vita di un’impresa. Ecco all’ora il perché di iStarter. Come funziona? L’idea di fondo dell’incubatore di start up è quella di creare un’ambiente consono ad ospitare la crescita e lo sviluppo di una buona idea in un business. Una sorta di nursery delle idee imprenditoriali. Il primo passo, quindi, è quella che il team di iStarter chiama “Call For Ideas”, una sorta di chiamata alle armi generale a chiunque voglia trasformare il proprio lampo di genio in un’opportunità di creare lavoro per sé e per altri. Non importa quale sia l’ambito, il campo di applicazione o il soggetto dell’idea in questione: la volontà dei fondatori di raccogliere sotto il tetto di iStarter soci con le più svariate competenze professionali punta proprio a soddisfare le esigenze di chiunque. Basta avere un progetto.

Basta crederci. iStarter punta sul lavoro di squadra: gli aspiranti startupper solitari vengono incoraggiati ad individuare co-founders a sostegno del proprio progetto. Una volta individuata quella che ha tutta l’aria di essere un’idea vincente, il team di giovani esperti comincia a lavorare con il proponente sul concept di base, studiandone assieme architettura e sostenibilità, ma anche il business plan, il marketing e gli strumenti di comunicazione necessari a farne una vera e propria impresa. Una volta data forma e sostanza al progetto, inizia la fase dei contatti con i potenziali investitori: una spola tra le sedi di Torino e Londra a caccia di finanziatori interessati a dare ossigeno al business. A decretare il successo della nuova impresa ci penserà ovviamente il mercato, che nonostante il periodo di crisi sa ancora premiare il valore delle buone idee e il coraggio di chi le mette in pratica. Anzi, è forse proprio nei periodi di maggiore difficoltà che le buone idee si rivelano ancor più vincenti. Ma si sa: chi ben comincia è a metà dell’opera. E superare indenni la fase start up può davvero significare un passo importante verso il successo imprenditoriale.


di Luca Pautasso