Il confronto Pd? Occasione sprecata

mercoledì 14 novembre 2012


Il primo dato evidente, che emerge dal dibattito organizzato fra i candidati alle primarie del centro-sinistra, è la distanza che intercorre fra il confronto all’americana e l’ingessata kermesse di soliloqui andata in onda su SkyTg24. È bene chiarire fin da subito un punto: né il conduttore né l’emittente satellitare hanno colpe in merito. Ci mancherebbe. A loro va anzi dato atto del tentativo di rendere più trasparente, più cristallino il meccanismo di partecipazione ad un evento di democrazia diretta che coinvolge, per sua stessa natura, una fetta importante del corpo elettorale.

Probabilmente la trasmissione ha risentito dei paletti e delle limitazioni imposte dalle rispettive segreterie: se anziché ricercare la battuta tagliente, utile a stroncare l’avversario, si arriva a progettare nelle regole del gioco la possibilità di un tetto massimo agli interventi di replica, vuol dire che il confronto è rimasto bloccato e l’impasse ha trasformato l’evento in una banale pantomima. D’altronde lo si è percepito nitidamente al primo stacco pubblicitario: qualcosa, nei meccanismi di fondo della trasmissione, s’è inceppato sin dal primo applauso del pubblico, rovinando lo “spettacolo elettorale”. In tal senso ci permettiamo di porre una questione: di chiedere alla dirigenza di Viale Mazzini la ragione per cui il signor Rossi si dovrebbe spingere a rinnovare nuovamente il canone Rai, se è vero com’è vero che il servizio pubblico ha abiurato, ed abiura ciclicamente con puntualità strabiliante, alla propria funzione informativa e divulgativa, delegando fra l’altro i suddetti compiti ai principali competitor privati.

Quanto alla sostanza del faccia a faccia, c’è poco materiale su cui scrivere. Il grigiore dello scontro ha prevalso sulla sostanza dei problemi, con buona pace del pacato sorriso di Renzi o dello sguardo vitreo di Bersani. Non credo, in verità, che l’elettore di centro-sinistra, o semplicemente il curioso di turno, possa uscire da questo format mediatico con le idee più chiare sul futuro prossimo del paese. Tutt’altro. Ciascuno potrà, semmai, aver rafforzato le proprie umane simpatie o alimentato gl’individuali pregiudizi, ma la politica è un’altra cosa e non si basa sui pleniluni di novembre. Deposta la sciabola ed impugnato il fioretto, i candidati si sono confrontati attorno a piani di governo estremamente vaghi, forzatamente generici ed intimamente viziati. Viziati, naturalmente, dall’assenza di dati economici a supporto di taluna o talaltra tesi, dalla carenza di elementi strutturali, necessari per scattare un’immediata e veritiera istantanea sullo stato dell’Italia. Roba non da poco conto, se s’intende parlare – con una certa serietà – di una patria intesa quale “bene comune”.

Restano poi inevasi tutta una serie di problemi, di temi spinosi che pudicamente sono passati sotto traccia: il ruolo dell’Italia nelle missioni internazionali, la nostra posizione rispetto al dissesto finanziario di Atene, il piano industriale per rilanciare la competitività del nostro sistema produttivo, la disoccupazione giovanile, la burocrazia opulenta, la fuga dei cervelli, l’assenza di fondi destinati alla ricerca, il problema delle carceri e dell’amnistia, la violenza sulle donne, il voto agli immigrati, il ruolo del Mezzogiorno rispetto agli sviluppi nell’equilibrio mediterraneo, l’annessa ed irrisolta questione meridionale, le cento Ilva di Taranto che dilaniano il paese alimentando una lotta fra poveri, e chi più ne ha più ne metta. Alla fine dei giochi, il senso critico ci spinge a dire che è stata principalmente un’occasione persa: un’opportunità sprecata per presentare agli italiani un’altra politica, distante mille miglia dai facili slogan di Beppe Grillo, dalle urla provenienti dal basso ventre della rete, dalle escort inserite nelle liste bloccate. Peccato.


di Giuseppe Lombardo