Samorì, l’uomo nuovo per le primarie Pdl

venerdì 9 novembre 2012


È l’imprenditore romagnolo Giampiero Samorì l’uomo del momento nel centrodestra. La sua candidatura alle primarie in un ticket con Vittorio Sgarbi agita non poco le acque in casa Pdl. In molti a pensano che sia lui l’uomo scelto dal cavaliere per mandare a monte le primarie. 

Cosa l’ha spinta a promuovere un nuovo movimento come i Moderati italiani in Rivoluzione?

Devo dire che la scelta è dipesa da un lato da una antica passione per l’impegno politico che ho dovuto sospendere nel 1996 non avendo la possibilità di mantenermi se non con il mio lavoro. Dall’altro dalla constatazione che la situazione generale non è soltanto critica ma si avvia a diventare tragica ed è venuto il momento per tutti quelli ch hanno avuto tanto dalla vita che pensano di essere in grado di offrire un contributo positivo di mettere disposizione un po’ del proprio tempo e delle proprie energie. Il nome Mir è la conseguenza logica della premessa. La tragicità della situazione impone interventi non convenzionali pena il dissolvimento del nostro sistema entro e non troppi anni.

In che senso? E poi quale è il significato di questo nome, una provocazione? 

Nessuna provocazione ed un senso molto chiaro e preciso, che verrà sicuramente fuori nel corso della Convention di Chianciano, il prossimo 17 e 18 novembre. Il nome è un ossimoro e significa  che siamo moderati in quanto a provenienza sociopolitica, ma rivoluzionari per intenzioni programmatiche. Ricordando Guareschi potrei dire che ci sentiamo come Don Camillo per la storia e il nostro back ground, ma anche come Peppone per il temperamento con cui vogliamo entrare nell’agone della competizione politica.

Siete un’altra formazione di protesta, alla Grillo, per intenderci?

La differenza fondamentale è che mentre il movimento di Grillo limita il proprio furore alla sola distruzione noi la canalizziamo in positivo offrendo una proposta di radicale cambiamento. Oggi in Italia sostanzialmente sono protetti tutti i ceti che non si inseriscono nella concorrenza internazionale ed anzi ne sono estranei finendo per danneggiarla ribaltandone i costi su aziende, imprese e famiglie. Il sistema produttivo, i lavoratori e le famiglie sono viceversa oberate  di oneri fiscali e burocratici ormai insostenibili che corrono il rischio di sfiancare i sistemi produttivi, immiserire i lavoratori e distruggere i consumatori, così facendo saltare il nostro modello società.

Quindi lei è contro Monti?

Io non sono contro Monti né a favore. Osservo solo quanto è accaduto nell’ ultimo anno  traendone una semplice conclusione: c’è bisogno  di una sterzata forte. Con una spesa per interessi come quella che abbiamo, quest’anno superiore a 80 miliardi di euro, non è possibile tutelare la nostra economia. Risanare i conti e far sviluppo. Salvo voler costruire una società degli ottimali con pochi ricchi alcuni privilegiati e molti servi bisogna necessariamente riequilibrare la distribuzione delle ricchezze del pubblico, inteso come istituzione del sistema di governo al privato, dalla finanzia alla industria, da chi ha troppo a chi ha troppo poco. Obiettivi raggiungibili solo con una drastica e rapida riduzione del debito pubblico.

Adesso però ci spiega come.

Se si accetta l’idea che siamo in una situazione straordinariamente negativa che rischia di far esplodere la Società, allora si deve convenire che anche i rimedi devono essere straordinari e non possono più gravare su famiglie e imprese. Quindi è necessario individuare i grandi bacini di ricchezza di cui il paese ancora dispone acquisendoli al patrimonio pubblico per abbattere il debito. Mi riferisco ai 250 miliardi di euro fra riserve auree e monetarie di cui dispone la banca d’Italia, alla quale ovviamente la legge deve assicurare la copertura dei costi di funzionamento come determinati in via preventiva dal Consiglio Superiore, agli immensi patrimoni delle fondazioni bancarie e di altre fondazioni, stimabili in non meno di 350 miliardi. Ed ancora al patrimonio partecipativo dello Stato dal quale ragionevolmente poter ipotizzare il recupero di circa 100 miliardi. Infine è indispensabile, come forma di legittimazione morale dei ceti più abbienti chiedere un ragionevole sacrificio patrimoniale a tutti coloro che dispongono di patrimoni superiori a 10 milioni di euro. Quindi non una patrimoniale per far “piangere i ricchi” ma per legittimarli a pretendere, contestualmente che cessi il degrado a cui assistono, che tutte le spese per il funzionamento delle istituzioni, stipendi, consulenze ecc. del settore pubblico vengono parametrati anch’essi agli standard europei e le tasse contestualmente ridotte.

In questo modo promette che abbasserà le tasse a tutti?

Certo! Solo in questo modo potremo abbassare le aliquote esonerando, ed è importante evidenziarlo,  i redditi più fragili, cioè quelli  fino a  15.000 euro e riducendo di almeno 10 punti la tassazione degli scogli successivi fino, ad almeno 100 mila Euro. Ma bisognerà fare anche come Ronald Reagan negli anni ‘80: tasse più basse a livelli accettabili, ma nessuna tolleranza nei confronti di chi poi continua ad evadere.

E lei pagherà tutte queste tasse patrimoniali? Non è che una volta in Parlamento, o magari in qualche posto di Governo, troverà qualche scappatoia  apposta apposta per lei e quelli come lei?

Ma quale scappatoia? Già pago molto e pagherei volentieri ancora di più, lo considero una fortuna, un privilegio. Se io non fossi stato un cittadino dello stato italiano che ha potuto beneficiare dell’attenzione della Repubblica verso i ragazzi provenienti da condizioni economiche deboli, sicuramente non mi sarei laureato all’Università di Bologna, non sarei diventato professore universitario, né sarei riuscito ad emergere nella professione o affermarmi nelle  attività imprenditoriali in cui mi sono cimentato. Di queste cose mi ricordo e lo so che moltissimi benestanti se ne ricordano e sono pronti a dare il loro contributo se lo vedono finalizzato ad un reale cambiamento.

Vabbè, diciamo che ha spunti e idee interessanti. Però pensare di poter conquistare la premiership venendo su praticamente da solo da una provincia medio piccola italiana, come Modena, è un po’ folle. Lo ammette questo? 

Si, lo ammetto, certo. Però lei deve ammettere che se un giorno non fosse saltato fuori un folle che pensava di potere conquistare i circuiti automobilistici internazionali costruendo, in una piccola officina della provincia di Modena, le auto da corsa più veloci nel mondo, la Ferrari non sarebbe esistita. Come diceva sempre Enzo Ferrari: se lo puoi pensare, lo puoi anche fare. Aveva sicuramente ragione lui.


di Carlo Marrone