Lunedì l’addio a Pino Rauti

sabato 3 novembre 2012


«Il fascismo non è più ripetibile, ma è un bacino di idee dal quale attingere». Con queste parole Giuseppe - detto Pino - Rauti, teneva a chiarire - a chi fino all’altro giorno lo ha considerato un estremista di destra - che uno dei “ventenni” che più ha segnato la storia d’Italia, era ormai acqua passata. Pino Rauti, fondatore (1946) e storico esponente del Movimento sociale italiano di cui fu anche segretario pur mantenendo sempre una posizione minoritaria, è morto ieri mattina intorno alle ore 9,30 nella sua abitazione romana. Avrebbe compiuto 86 anni il 19 novembre. La camera ardente è stata aperta alle ore 18 di ieri (oggi e domai sarà visitabile dalle 10 alle 20) in via della Scrofa, nella sede della fondazione di Alleanza nazionale, il movimento politico fondato con il congresso di Fiuggi del 1995 dall’attuale presidente della Camera, l’“almirantiano” Gianfranco Fini, dal quale il Nostro si dissociò immediatamente, mettendo al mondo il Movimento sociale Fiamma tricolore. Una prima uscita dall’Msi vi era stata nel 1956, con la nascita di Ordine Nuovo. I funerali si svolgeranno lunedì alle 12,30 nella basilica di san Marco a piazza Venezia.

Un “fascista di sinistra”, si dice di Rauti (nato a Cardinale, provincia di Catanzaro, nel 1926) il quale, come detto, abiurò senza remore le scelte del “delfino” del suo rivale interno Giorgio Almirante. La cui vedova, donna Assunta, comunque ieri ha parlato di «ingiuste accuse» nei confronti del suocero di Gianni Alemanno, con riferimento ad alcuni tra i più tragici attentati terroristici avvenuti in questo Paese. Addebiti come macigni - da cui sempre uscì legalmente “illeso” - come quello di aver organizzato la strage di piazza Fontana a Milano, il 12 dicembre del 1969. Un’esplosione nella Banca nazionale dell’Agricoltura che causò la morte di diciassette persone e il ferimento grave di altre ottantotto. Episodio cui viene addebitato il lancio della cosiddetta “stagione della tensione”. Assolto nel 2005 in modo definitivo dalla Corte di cassazione per «mancanza di prove».

Un “predicatore di idee messe in atto da altri”? Appellativi e insinuazioni per i quali non esistono prove. Il suo nome galleggia - a dispetto di svariate sentenze che l’hanno dichiarato innocente - su diversi spargimenti di sangue. Un’altra piazza - della Loggia a Brescia (28 maggio 1974, otto morti e centodue feriti) - un’altra esplosione e Rauti inquisito e due anni fa assolto in via definitiva. E prima ancora, attentati a Roma, all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, come quello al ministero degli Esteri e all’ambasciata Usa, quando era leader del Far (Fasci di azione rivoluzionaria). Arrestato ma poi, ancora una volta, assolto.

Non solo tribunali per il “Gramsci nero” (altro appellativo), tutt’altro. Politico e giornalista, fautore della socializzazione e sostenitore dell’anticapitalismo, motivi ispiratori del fascismo ante litteram, «parlamentare (dal ‘72 al ‘94, ndr) rigoroso, intellettuale di profonda cultura - come ieri l’ha definito proprio l’antagonista Fini nell’esprimere il proprio cordoglio - Rauti ha testimoniato con passione e dedizione gli ideali della nazione e della società, che appartengono alla storia politica del nostro Paese». E anche un personaggio che abbandona «le macerie di un tempo che scorre senza valori», ha detto Francesco Storace, numero uno della Destra. «Uomo di cultura e un intellettuale», per l’uscente governatore del Lazio, Renata Polverini. Tantissimi i messaggi di condoglianze dal mondo politico per le figlie Isabella (moglie di Alemanno) e Alessandra. Grande merito per la sua attenzione nei confronti dei giovani, gli è giunto dal segretario del Pdl, Angelino Alfano: «Rauti lascia a tutti - e soprattutto ai più giovani - un insegnamento: quello del necessario legame tra politica e cultura, tra azione concreta nel presente e ricerca storica, sociale, culturale. In tempi in cui la politica è troppo concentrata sull’istantaneità e sulla volatilità, è una lezione preziosa da non dimenticare, anche per chi si sente lontano dal merito» delle sue idee.


di Stefano Marzetti