venerdì 2 novembre 2012
E adesso? A urne chiuse, la “Trinacria”, la terra dei tre promontori, è veramente tale, in termini politici. Al primo, quello di Crocetta e del centrosinistra, manca visibilmente un remo, ma il suo governatore dice che navigherà a vista, cercandosi una maggioranza di volta in volta. Il secondo, quello di Musumeci e di Micciché, è l’immagine emblematica di un centrodestra diviso e sconfitto. Il terzo, l’outsider, rappresentato da Cancelleri, appare come un oggetto cosmico del firmamento, che rimane tra le nuvole, in attesa, probabilmente, della caduta degli dei di Partito, già palesemente in disgrazia. Che se ricava da tutto questo? Una sicura ingovernabilità.
E sul piano nazionale? Chi darà voce alla pancia degli italiani? Quella, per intenderci, che vorrebbe vedere il suo Brenno porre sul piatto, nelle inutili riunioni degli eurocrati di Bruxelles, il brutale ricatto del default nazionale, dicendo: “noi falliamo, certo, ma voi farete la stessa fine! A meno che , voi banchieri non rinunciate per sempre a mettere l’interesse del denaro davanti a quello dei popoli, e troviamo altre soluzioni per venire fuori da questa trappola della moneta unica”. Ad esempio, diciamo al dio dollaro: hai vinto. Ricostituiamo lo Sme, parametrando le redivive monete nazionali sul valore della moneta statunitense. Oppure potremmo fare domanda per diventare il 51mo Stato federato degli Usa, o sottoscrivere un patto di ferro con la Russia, fuoriuscendo unilateralmente dallo schieramento atlantico.
I vantaggi, per Mosca o Washington, in alternativa, sarebbero enormi. L’America, in particolare, farebbe di noi il luogo privilegiato di vacanza per decine di milioni di americani, senza parlare, poi, degli strepitosi vantaggi strategici che ne ricaverebbe per il controllo ravvicinato delle situazioni esplosive in Medio Oriente e nel Golfo Persico. Idem per la Russia, che potrebbe godere degli stessi privilegi, offrendoci in più un accesso agevolato alle sue immense riserve naturali di materie prime e di giacimenti di gas e petrolio, ricevendo in cambio tutta la materia grigia che noi possediamo, per far funzionare egregiamente la loro industria estrattiva, nonché quelle della meccanica pesante e fine, per non parlare poi del settore tessile e del cuoio.
Ma, per favore, non parliamo più di un’Europa “federata”. In più di mezzo secolo non siamo riusciti a darci una lingua comune. Follia pura, visto che la Cina, con qualche miliardo di anime, ha obbligato tutti a comunicare in un stesso idioma nazionale, pur mantenendo le doppie lingue locali. E che dire degli Stati Uniti, o dell’ex Urss? E, poi: ma davvero non vogliamo vedere oltre il nostro naso dei Balcani? La Russia, con le sue sterminate ricchezze, in quale continente si trova? Noi abbiamo cooptato Nazioni slave come la Romania, la Bulgaria, la Polonia, e teniamo ancora fuori dai nostri progetti la Russia? Ci rendiamo conto che, con lei, il Nuovo Continente americano diventerebbe semplicemente piccolo, sia politicamente che economicamente?
Chi si fa avanti per farci sognare di nuovo e riscattarci da questo mondo di carta, dominato dalle banche e dalla finanza mondiali, che brucia immense ricchezze nostre nei suoi roghi planetari periodici?
di Maurizio Bonanni