Pace con le Farc, forse è la volta buona
giovedì 25 ottobre 2012
Giovedì 18 ottobre è avvenuto un fatto politicamente molto importante, forse storico. Ai due lati di un tavolo si sono sedute due delegazioni, una del Governo colombiano, l’altra delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (Farc), cinque per parte, con due garanti, Cuba e Norvegia, e due “accompagnatori”, Venezuela e Cile. È la prima tappa di un lungo processo che dovrebbe portare alla pace in una guerra sanguinosa che dura da cinquanta anni. Duecento o trecentomila morti, 4 o 5 milioni di sfollati a causa dei combattimenti, decine di migliaia di sequestrati sono le conseguenze di uno scontro feroce e sanguinario tra esercito regolare, irregolari di estrema destra delle Auc, i narcotrafficanti, le varie guerriglie, lo scomparso M19, le Farc e l’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln), tutti di ispirazione marxista e castrista. Negli ultimi anni l’energica azione di Uribe e Santos è riuscita, con il “plano Colombia”, finanziato con miliardi di dollari degli Usa, a porre sotto il controllo della legge il 90% del territorio emarginando le forze guerrigliere di sinistra in zone isolate nelle foreste più fitte e lontane. Uribe era riuscito nel 2005 a far disarmare i potenti gruppi dell’estrema destra denominati Auc, anche se tuttora alcuni piccoli gruppi continuano nelle loro attività. I colombiani hanno un pessimo ricordo delle ultime trattative per la pace tra Governo e Farc a San Vicente del Caguan. Il Governo smilitarizzò un’area di quarantamila chilometri quadrati per accogliere la richiesta delle Farc.
Dal 1999 al 2002 vi furono trattative, alla fine il governo, di fronte alle reiterate violazioni della tregua da parte delle Farc, rioccupò l’area e pose fine alle trattative. Le Farc avevano utilizzato l’ampio territorio per riorganizzarsi e meglio armarsi e organizzare la produzione e il commercio della cocaina da cui traggono le maggiori risorse con cui finanziarsi. Da quel 2002 le notizie sono state di guerra senza respiro, con perdite eccellenti nel campo guerrigliero. Nel 2008 un bombardamento aereo in territorio ecuadoriano colpisce Raul Reyes, responsabile internazionale delle Farc, altro colpo duro è la morte nel settembre del 2010 dello stratega militare più importante e popolare delle Farc, Mono Joioy, infine, nel novembre, addirittura il capo delle Farc, Cano, cade in un combattimento con l’esercito e gli effettivi delle guerriglie si sono ridotti drasticamente di numero: le Farc da 18mila a 8mila, l’Eln da 7mila a 3mila unità. È in questo contesto che ai primi di settembre viene annunciato che il 26 di agosto è stato firmato l’“Accordo preliminare per la fine del conflitto e la costruzione di una pace duratura” tra Governo colombiano e Farc. Il primo incontro tra le due delegazioni è stato a Oslo, poi le trattative continueranno nella capitale cubana, il 15 di novembre, sulla base di cinque punti.
Che sono: sviluppo rurale, partecipazione politica, smobilitazione narcotraffico, vittime. I contatti tra il presidente Santos e le Farc duravano da un anno e da mesi vi erano incontri segreti per decidere tutte le modalità della trattativa. Appare subito la diversità con le passate esperienze e la complessità e difficoltà della trattativa. Santos, consapevole di giocarsi la prossima elezione,
è chiaro e si muove con cautela. Dice e ribadisce sempre con forza che l’esercito continuerà a dare la caccia alle Farc. Santos non è Badoglio, sono continue le notizie degli scontri che sono settimanalmente riportate dai mezzi di informazione, con vittime e feriti da ambo le parti. Nemmeno un centimetro di suolo colombiano verrà ceduto per favorire la pace. Santos, che ha vinto le elezioni presidenziali del 2010 presentandosi come l’erede di Uribe, si è convinto che la soluzione del conflitto civile non può essere militare, ma politica. Certamente la cosa provoca la reazione di Uribe che lo attacca pubblicamente dicendo che “con i narcoterroristi delle Farc non può esserci alcuna trattativa”.
Le difficoltà dei negoziati si presentano subito: le Farc chiedono garanzie per i membri della loro delegazione che, dalle foreste della Colombia, dovranno raggiungere Cuba e da lì la Norvegia. Non solo in Colombia ci sono centinaia di precedenti penali, ma molti Paesi, dagli USA alla Spagna, hanno spiccato mandati di cattura internazionali. L’Interpol sospende i mandati, ma per esempio per Trinidad, uno dei cinque della delegazione dei guerriglieri, recluso negli USA, le difficoltà sembrano insuperabili. Il sottosegretario di Stato per “l’hemisfero occidental”, ovvero il Sudamerica, Roberta Jacobson dichiara subito che il Dipartimento è disponibile, ma negli Usa la giustizia non dipende dal governo e Trinidad deve scontare molti anni di galera.
Il Governo e le Farc sembrano consapevoli delle difficoltà in campo. Santos, con franchezza, ha detto che «la pace comporterà ingoiare dei rospi». Le Farc, da parte loro, sono arrivate alla convinzione che la lotta armata consenta ormai solo di sopravvivere, non di conquistare il potere e in condizioni sempre più difficili. Il 15 di novembre le trattative entreranno nel concreto dei punti concordati. Sembra dominare un cauto ottimismo. Vedremo. L’Eln ha fatto sapere di seguire il tutto con grande attenzione.
di Roberto Lovari