martedì 23 ottobre 2012
Proviamo a partire dal titolo dell’editoriale di Maurizio Belpietro su Libero di venerdi scorso: «Occhio che qui ci ritroviamo Grillo premier». Spesso, è noto, la titolazione di quel quotidiano è volontariamente “forte”. Riesce cioè, usando una terminologia apparentemente fuori le righe, a sintetizzare in modo chiaro un concetto. L’altro giorno è successo proprio questo: continuando di questo passo, gli attuali partiti corrono il serio rischio di ritrovarsi il movimento capitanato da un comico/demagogo come forza determinante nella distribuzione dei seggi che scaturirà dalle elezioni della prossima primavera. Ma se il “nulla spettacolo” rischia di affermarsi alle prossime consultazioni elettorali, la responsabilità (non siamo i primi ad evidenziarlo) è dell’attuale politica, di questi partiti che, con alcuni dei loro rappresentanti, fanno tutto il possibile per far allontanare i cittadini dalle loro alchimie e, di conseguenza, dalle istituzioni e dalla loro democratica rappresentatività. A sinistra come a destra (per non parlare del centro).
Da una parte la gerontocratica struttura del Pd sta dimostrando chiaramente che Matteo Renzi è riuscito nel suo intento: quello di rompere le uova in un paniere assai ben blindato intorno a veri e propri “professionisti della politica” i quali, se non ci fosse stata l’irruzione del primo cittadino toscano, avrebbero di certo avuto la faccia di non mettere neppure in discussione la loro permanenza sugli scranni che contano. Dall’altra parte (nel centrodestra), la discussione sul rinnovamento sta invece sfiorando quasi il ridicolo e non perchè sia stata Daniela Santanché (una sconfitta secondo il responso delle urne) a porre la questione. Il discorso nell’area Pdl è, appunto, ridicolo solo perchè nessuno ha fatto un passo indietro nonostante le recenti sconfitte elettorali e gli scandali legati all’arricchimento personale dei singoli che stanno esplodendo in diverse parti del paese. Nessuno ha avuto l’onestà - non solo intellettuale, ma anche politica e morale - di fare un passo indietro ed ammettere la sconfitta.
Qui non è più questione di “fuoriusciti” con le case a Montecarlo, di Fiorito, di Formigoni o di Polverini. Né, paradossalmente, di continuare a stigmatizzare un qualsivoglia Penati e le sue (ancora presunte) malefatte o un Errani e gli affari del di lui fratello. Si tratta solo di decidere, definitivamente, se sia più opportuno ripartire da una prevedibile percentuale elettorale del 12-15 % ma senza ombra alcuna o continuare ad arroccarsi intorno ad un castello che perde acqua da tutte le parti. In questo secondo caso, quanto paventato da Belpietro rischia ogni giorno di più di trasformarsi in inquietante realtà.
di Gianluca Perricone