Scure sulle Regioni. E sul Parlamento?

sabato 6 ottobre 2012


Il blitz del governo sui conti regionali è stato devastante. Ieri il governo ha ufficializzato la volontà di porre un freno alle spese pazze degli enti locali, con un decreto legge varato “a caldo” dopo gli scandali della Regione Lazio, e delle inchieste parallele della magistratura che hanno già toccato anche Emilia Romagna, Campania, Calabria, Piemonte.

La scelta del decreto come ariete di sfondamento del bengodi a spese del contribuente è sintomatica della volontà da parte dell’esecutivo di andare fino in fondo, e di farlo il più presto possibile. Si parla di imporre il pareggio di bilancio anche agli enti locali (per i quali la Cgia di mestre ha stimato nel 2011 un “buco” di 4,5 miliardi di euro, che ora bisognerà trovare da qualche parte), di tagli netti a pensioni e vitalizi, di un maggiore potere di controllo sui bilanci e sulle spese correnti attribuito a Corte dei conti, Guardia di Finanza e ragioneria di stato. E per chi non rispetta gli obblighi di legge, multe salatissime irrogate attraverso pesanti tagli dei trasferimenti statali agli organismi decentrati. C’è persino una norma anti-sibariti da Prima Repubblica: 10 anni di interdizione dai pubblici uffici per gli amministratori locali che provocano dissesti di bilancio.

L’intervento è stato salutato come una mano santa dall’opinione pubblica, e persino dagli stessi amministratori: secondo il presidente Pd della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, se il decreto dovesse essere portato a compimento così com’è, non ci sarebbe nulla da obiettare. Gli unici appunti sono quelli che arrivano dal Pdl, ma per altre ragioni: le norme anti-sprechi varate da Monti sarebbero le stesse identiche approvate dall’ultimo governo Berlusconi attraverso il cosiddetto federalismo fiscale. Ma tant’è, tutto è bene quel che finisce bene.

O forse no. Perché restano ancora alcune domande in sospeso. Prima di tutto: chi colmerà i buchi lasciati dalle regioni con i conti in rosso? Ancora una volta,  contribuenti. «Visto che operare sul fronte delle uscite è sempre difficile, è probabile che nel lungo periodo a prevalere sarà il progressivo aumento della tassazione locale, come già avviene in Italia da almeno 15 anni», ha dichiarato nei giorni scorsi Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre. Ma soprattutto viene da domandarsi perché un simile provvedimento sia arrivato a quasi un anno dall’insediamento di quel governo di tecnici chiamato proprio a mettere mano ai disastrati conti pubblici nazionali. Era proprio necessario attendere l’indignazione nazionalpopolare per il suv di Franco Fiorito e le ostriche alla Pisana per mettere mano ad un sistema di sprechi e spese folli di denaro pubblico di cui si parla già da anni? 

E soprattutto, perché un governo così determinato a bacchettare la malamministrazione degli enti locali appare così restio a mettere in atto una spending review altrettanto seria anche in Parlamento? 

Non resta che attendere fiduciosi, sperando che davvero la scure abbattuta sulle Regioni non sia altro che il primo passo di un’azione su larga scala per affamare (finalmente) la Bestia fino all’inedia.


di Luca Pautasso