sabato 29 settembre 2012
Lo scandalo legato alla gestione del finanziamento pubblico dei gruppi alla regione Lazio, su cui è in corso una inchiesta della magistratura e nella quale risulta indagato l’ex capo gruppo Franco Fiorito accusato di peculato, ha riproposto nel dibattito nazionale la questione morale.
In un suo libro L’ultimo giro di giostra, uno dei grandi giornalisti del Novecento, Tiziano Terzani, ha colto un aspetto che definisce lo spirito del tempo della società post-moderne. Il materialismo in occidente sta inaridendo e sgretolando le fondamenta morali ed etiche su cui la convivenza umana dovrebbe fondarsi. Oramai impera la dittatura del denaro e l’involgarimento delle società di massa. Ciò che emerge da questa triste vicenda, che ha provocato reazioni di indignazione e sdegno e grande amarezza nella pubblica opinione, è la presenza nella vita pubblica di figuri privi di moralità, ideali e valori, che, pur di arricchirsi, si sono abilmente inseriti nel mondo politico, riuscendo a conquistare un ampio consenso con metodi smaccatamente ed oscenamente clientelari.
Giustamente osservava in un suo editoriale Ernesto Galli della Loggia, che, ascoltandoli mentre con impudenza parlano dalla tribuna televisiva, si ha la netta sensazione che siano politici che, oltre a non conoscere la lingua italiana, sono all’oscuro delle vicende storiche del nostro paese, e alla base del loro impegno politico vi è una assenza manifesta ed innegabile di presupposti ideali e culturali. Nulla sanno del dibattito ideale e culturale che ha consentito all’Italia di divenire una grande democrazia Europea, del ruolo delle regioni come enti deputati alla programmazione ed alla attività legislativa, del welfare state, dell’intervento pubblico nella economia di mercato, e soprattutto della grande ricchezza culturale della tradizione democratica italiana.
Questo aspetto dello scandalo politico verificatosi alla regione Lazio, che ha travolto la giunta guidata dalla presidente Polverini, impone una riflessione sui criteri con cui vengono selezionate le classi dirigenti dai partiti, visto che il problema riguarda trasversalmente tutte le forze politiche. Per alcuni osservatori la Seconda repubblica ha avuto partiti leggeri e con deboli identità ideali e culturali, sicchè non si è riusciti a formare amministratori e politici di valore. Pertanto, poiché il sistema politico attraversa una fase di transizione, dovuta al governo tecnico, e visto che stiamo vivendo quello che Massimo Franco ha designato con la felice espressione un passaggio di sistema, è necessario invocare, come ha fatto ripetutamente Giorgio Napolitano, un rinnovamento e una riforma radicale e profonda dei partiti.
Soltanto in questa maniera verranno create le condizioni per ristabilire un rapporto di fiducia tra la pubblica opinione e i partiti politici, la cui funzione istituzionale deve essere quella di mediare tra la società civile, cogliendone ed interpretandone le esigenze e le istanze legittime, e le istituzioni. Lo scandalo del Lazio mette impietosamente a nudo l’inerzia e la lentezza della politica nell’approvare le riforme con le quali ridurre gli sprechi di denaro pubblico, inaccettabili in tempi di crisi, ridimensionare i privilegi della casta dei politicanti senza mestiere, rivedere, in modo da evitare le ruberie, il pur necessario ed indispensabile meccanismo di finanziamento della politica, in assenza del quale l’attività politica verrebbe svolta soltanto da chi è ricco di famiglia.
Bruno Forte, un teologo ed un uomo di chiesa di grande tempra morale ed intellettuale, in un suo editoriale molto profondo, domenica scorsa sul Sole24Ore ha delineato quale debba essere il ruolo del politico nella società post moderna nella quale viviamo. In primo luogo, notava giustamente Bruno Forte nel suo editoriale, è fondamentale pretendere dalle forze politiche, prima che si vada al voto nel 2013, una legge elettorale che sia decente e democraticamente efficace, siccchè il cittadino sia messo in grado di scegliere con il proprio libero voto un rappresentante, che sia espressione del territorio a cui appartiene. Il politico non deve farsi eleggere per trarre profitto personale dalla propria attività istituzionale, ma deve agire responsabilmente per rendere un servizio alla comunità, ispirando la propria condotta al primato morale del bene comune e della dignità intangibile della persona umana. I partiti politici, anche se non potranno avere il peso e la consistenza di quelli della prima Repubblica, devono rinnovarsi per esprimere visioni ideali e programmi adeguati ai problemi nazionali.
Proprio l’assenza delle riforme, secondo una plausibile interpretazione, ha prodotto la recrudescenza del fenomeno della corruzione e lo scadimento civile e morale nella vita pubblica italiana ad ogni livello istituzionale. Occorre rivedere la seconda parte della Costituzione, per portare a termine la infinita transizione italiana iniziata con la dissoluzione dei partiti della prima repubblica, adeguando le istituzioni repubblicane alla democrazia dell’alternanza basata sul bipolarismo. Da questo punto di vista una legge elettorale uninominale con il doppio turno sarebbe la migliore scelta per avere la possibilità di selezionare con rigore la classe politica, impedendo che siano cooptati nelle istituzioni individui privi di scrupoli morali, spregiudicati e alla ricerca di facili guadagni, ottenuti con comportamenti osceni e deprecabili. Inoltre è fondamentale essere consapevoli che la corruzione dilagante, mentre si attende che il parlamento approvi la legge anticorruzione, oltre a diffondere sentimenti di sfiducia verso la politica ed i partiti, offre argomenti a quanti alimento irresponsabilmente l’antipolitica, da cui nulla di buona può venire alla comunità.
La corruzione, secondo uno studio Europeo, rappresenta uno dei problemi più gravi del nostro sistema politico ed economico, sicchè il nostro Paese nella graduatoria stilata dall’Ocse nel Vecchio continente occupa uno dei principali posti, un primato su cui le classi dirigenti italiane dovrebbero meditare criticamente. Inoltre la corruzione, oltre a provocare la dissipazione di pubbliche risorse, scoraggia gli investimenti esteri e di fatto indebolisce il sistema produttivo italiano. In ogni caso l’inerzia ed il ritardo con cui si muovono tutti i partiti, sul tema oramai ineludibile delle riforme istituzionali, della politica e della forma partito, non è più accettabile ed tollerabile. Fuori i manigoldi e gli uomini senza spessore morale ed intellettuale dallo spazio pubblico, questo deve essere l’imperativo morale per tutte le forze politiche responsabili e serie.
di Giuseppe Talarico