Rottamare il Pdl Lazio? Impossibile

martedì 25 settembre 2012


«Considerando quel che si sta verificando in tutto il territorio nazionale non sembra si possa dire che questo Pdl sia il partito del futuro», è il pensiero di Nicola Cristaldi, sindaco di Mazara del Vallo ed ex parlamentare del Pdl. «Così non va, dicono da Roma a Trapani. Da quando Silvio Berlusconi ha lasciato la guida del partito non pare che vi siano stati cambiamenti radicali tali da far dire che il Pdl stia disegnando la strada di domani - stigmatizza Cristaldi -. Anzi, è del tutto evidente che vi sono più difficoltà del previsto.

Dentro il Pdl era maturata una convinzione, o forse una speranza, che portava a ritenere la guida di Angelino Alfano quella necessaria per un cambiamento o se si vuole per il rinnovamento del partito. Ed invece? Invece non solo nulla è cambiato ma addirittura l’ammalato si è aggravato». «Il Pdl affronterà queste elezioni regionali in Sicilia con le ali abbassate e con una certa apprensione, - osserva il sindaco di Mazara - stante che rischia di essere il partito dal quale sono più numerosi quelli che se ne vanno piuttosto che quelli che arrivano. E se la gente va via senza un ricambio, che futuro si può ipotizzare per il Pdl? A questa considerazione si aggiunga la prepotenza e la miopia di chi pensa che nulla sia cambiato in questi ultimi mesi nell’opinione pubblica intorno al Pdl - conclude Cristaldi -. Questa miopia spinge i vertici del partito a non affrontare il problema alla radice».

Cristaldi parla alla Sicilia perché l’intera Italia di centro-destra intenda. Ma nel Pdl di Palermo come di Milano e di Bari come di Venezia soffia il vento della rottamazione, ed il monito sembrerebbe «una classe dirigente paragonabile a quella del ‘93-’94». Un monito che rimbomba in tutto lo Stivale tranne che nel Lazio, territorio squarciato dalla lotte intestine tra le tante fazioni pidielline: «A Roma le puoi incontrare tutte - ci spiega un amministratore che chiede riserbo - pidiellini municipali in lotta tra loro, comunali allo sbando, provinciali in attesa di buone nuove e regionali in guerra tra loro. La confusione è massima». Se nel Lazio tutto tace e rimane avvolto nelle melme, invece nelle altre regioni d’Italia il fermento dei “rottamatori pidiellini” si fa sentire: è il caso della Puglia, dove i due consiglieri “rottamatori” Massimo Posca e Filippo Melchiorre (entrambi siedono nel consiglio comunale di Bari) non ci stanno a far morire il Pdl a causa d’una classe dirigente immobilista.

E proprio dalla Puglia fanno sapere che «le sorti dell’intero Pdl nazionale non possono dipendere da certi giochi romani» ed aggiungono di sapere che «il Pdl è un partito dove in una certa regione (alludono al Lazio) chi non condivide una determinata linea deve uscire dal partito». E pensare che proprio nella laziale Frosinone era sbocciato, e con un certo successo di votanti, l’esperimento delle primarie del Pdl: una democratizzazione a cui è subito seguita la fase brezneviana, se in tutte le regioni d’Italia è lecito dissentire dal Pdl e rimanere, invece nel Lazio chi dissente viene messo alla porta. Anche l’Emilia-Romagna di Isabella Bertolini (storica parlamentare Pdl) non ci sta a far morire il partito per l’atavico immobilismo romano. «No all’accanimento terapeutico per il Pdl - dice la Bertolini -. Continuare a somministrare l’aspirina al moribondo non serve ed anzi ritarda scelte politiche importanti per il futuro.

La nomenclatura del partito la smetta di pensare solo alla propria rielezione e a quella dei loro amici di corrente. È - rileva la parlamentare - un atteggiamento che ha prodotto tanti guasti e il fallimento politico del progetto Popolo della Libertà e che oggi sta portando nel burrone quel poco di buono che è rimasto. Meglio che i capi del Pdl ne prendano atto e non si facciano assalire dalla sindrome del bunker. Chi non è di sinistra - spiega la Bertolini - ha il diritto di avere una classe dirigente che pensi al futuro, avanzi proposte e strategie per il Paese. Invece ci sono i ladri, le ruberie, le beghe interne e soprattutto nessuna azione politica. Per dimostrare di aver compreso bene il momento storico-politico, tutti gli attuali capi corrente, che sono le stesse persone da ormai vent’anni, facciano un passo indietro. Sarebbe la prima pietra per consentire - conclude la Bertolini - la costruzione di una nuova casa per gli Italiani».

Si ha la netta impressione che il Pdl laziale sia imbrigliato, e fin dai suoi livelli più bassi, nella logica stalinista che «il partito ha sempre ragione», soprattutto i capi del partito hanno sempre ragione. «Forse è questo il vero motivo che non vede spuntare alcun rottamatore pidiellino nel Lazio», fa notare Massimo Posca. Anche Maurizio Lupi (Pdl e vicepresidente della Camera) ammette in un’intervista al Messaggero che «impressiona che nel Consiglio regionale del Lazio tutti fossero d’accordo... ho sentito le interviste di Fiorito dove si rappresenta una vita interna al partito in termini di faide. Ma si può tollerare questo? Mi chiedo dove formiamo, selezioniamo e educhiamo la nostra comunità politica».


di Ruggiero Capone