sabato 22 settembre 2012
La Corte dei Conti sembra abbia azzannato il vero ramo marcio della Rai, la supervalutazione dei format acquistati per favorire certe pressioni politiche. Ce ne sarebbe per tutti i gusti e schieramenti. E l’inchiesta promette d’aprire ben presto un suo doppione a Piazzale Clodio, alla procura penale. Infatti nella acquisizione dei format Rai potrebbe esserci odore di mazzette, e a dirlo è la magistratura contabile. Numerosi prodotti acquisiti (anche recentemente) da Viale Mazzini sarebbero ora al vaglio degli inquirenti contabili, ed alcuni esperti sarebbero già pronti a dimostrare che ciò che è stato acquistato a dieci in verità non varrebbe nemmeno uno.
Il retroscena penale è evidente: incompetenza o corruttele? Tra le società che hanno venduto questi prodotti figurerebbero aziende legate ai bei nomi del salotto romano, anche ad affascinanti dame già al centro di chiacchiere a sfondo piccante. Una vicenda che potrebbe finalmente concretizzare la Caporetto del Rai. In molti lo sperano, e perché la chiusura della tv di stato farebbe risparmiare non pochi soldi al contribuente. Ma che Viale Mazzini non avesse i conti in ordine è noto anche all’uomo di strada. Il Canone evaso supera i 550 milioni di euro, i conti sono in profondo rosso, e la flessione della pubblicità è ormai “irreversibile”. La Rai è sul viale del tramonto, e lo dice chiaramente la relazione della Corte dei Conti, che ha analizzato il rapporto tra costi e ricavi del servizio pubblico. Si aggiunge che la raccolta pubblicitaria è in costante diminuzione.
Alla crisi s’abbina la poca efficienza della Sipra: la concessionaria per la pubblicità della Rai, che raccoglie ogni anno in spot circa 200 milioni di euro in meno del precedente. Un trend negativo che porterà alla chiusura di tutto l’intrattenimento generalista. La Corte da anni sollecita una drastica riforma della Tivù di stato. Per cominciare servirebbe ridurre urgentemente i costi, sfoltire le numerose e onerose consulenze esterne e rivedere il Contratto di servizio.
Poi ci sono i maxi stipendi, e sembra che nemmeno questo corso tecnico di Viale Mazzini riuscirà a legare il guadagno dei manager all’effettiva produzione. Ridurre gli stipendi dei manager Rai sembrerebbe impossibile, infatti il neo direttore generale (Gubitosi) riceve per contratto 650mila euro all’anno. A luglio la Corte dei Conti aveva invitato ad una riflessione, ma ancor oggi Gubitosi mantiene lo stipendio “come da contratto”: non può autoridurselo, al pari di come non riesce a mettere alla porta le matrone dell’intrattenimento generalista.
di Ruggiero Capone