Carceri: il Quirinale risponda all'appello

venerdì 21 settembre 2012


Dunque, finalmente, il presidente Giorgio Napolitano riceverà una delegazione dei cento e passa giuristi e professori universitari firmatari di un documento-appello che evidenzia e denuncia l’intollerabile situazione della giustizia in Italia, e chiede si intervenga con urgenza. E si chiede che a intervenire e agire per primo, nella sua veste di garante della legalità costituzionale costantemente violata, sia proprio Napolitano: con un messaggio alle Camere. Un appello che significativamente termina con gli interrogativi posti da Primo Levi in una sua famosa poesia: “Se non ora quando? Se non così, come?”. Tutto bene, dunque, a parte l’incredibile, e anche un po’ offensivo, ritardo con cui la delegazione viene ricevuta? (è praticamente trascorsa tutta l’estate, e d’accordo: l’agenda del presidente è fitta di impegni, ma la delegazione chiede di parlare di quella che lo stesso Napolitano definì una volta «impellente urgenza»). Tutto bene fino a un certo punto.

I firmatari di quel documento-appello chiedono un intervento incisivo e pubblico, esplicito, seguendo i canoni e i binari della Costituzione, per quel che riguarda la situazione della Giustizia in Italia e la sua appendice, costituita dallo stato comatoso delle carceri. Di questo parleranno i professori Francesco Di Donato, Fulco Lanchester, Renzo Orlandi, Tullio Padovani, Marco Ruotolo, Franco Corleone, Vladimiro Zagrebelsky con Napolitano. Della delegazione doveva far parte anche la parlamentare Rita Bernardini, animatrice di mille e una iniziative proprio su giustizia e carcere. Ma il Quirinale ha detto di no a Bernardini. Perché questa esclusione?

Si possono ipotizzare varie risposte; nessuna sufficientemente convincente. Come sia il presidente della Repubblica ha scelto di sciupare, ancora una volta, un’occasione per onorare la funzione che ricopre. 

Era il 23 giugno 2011 il presidente Napolitano scriveva una lettera a Marco Pannella: «Caro Marco, desidero rispondere alle molte questioni e sollecitazioni che hai sottoposto alla mia attenzione nel nostro recente incontro al Quirinale e nelle lettere e documentazioni che mi hai inviato nei giorni scorsi. Credo che l’Italia ti debba il giusto riconoscimento per la determinazione con la quale hai intrapreso tante battaglie per sollecitare una piena affermazione e tutela delle libertà civili e dei diritti dei cittadini…Credo che la tua azione continuerà ad essere un prezioso stimolo, suscitando come già in passato discussioni e prese di coscienza che si rivelano poi col tempo la loro fecondità e lungimiranza. Inviandoti i miei migliori auguri, ti saluto con affetto e ti prego – in nome non solo dell’antica amicizia ma dell’interesse generale – di desistere da forme estreme di protesta di cui colgo il senso di urgenza, ma che possono oggi mettere gravemente a repentaglio la tua salute e integrità fisica…».

Chissà. Forse qualcuno al Quirinale avrà pensato che Rita Bernardini avrebbe colto l’occasione per ricordare quel «colgo il senso d’urgenza»…

Quel «senso di urgenza», venne condiviso e fatto proprio da oltre ventimila cittadini, e almeno ventimila detenuti. Ed è a loro che occorre rivolgersi e confidare, ora. «Perché l’Italia torni a poter essere considerata in qualche misura una democrazia». Così parte di un appello a sostegno dell’iniziativa di Pannella: «Emblematico del patente stato di illegalità anti-democratica in cui si trova l’intera Repubblica italiana è il caso della giustizia e delle carceri, oggetto di una dura lotta nonviolenta che, accanto a Marco Pannella, Rita Bernardini e Irene Testa, ha visto impegnati e coinvolti  oltre 24mila cittadini che stanno partecipando allo sciopero della fame. Insieme ai militanti radicali, l’Associazione radicale “Il Detenuto ignoto” e associazioni come “Antigone” e “Ristretti orizzonti”, oltre 19mila detenuti, 4mila loro familiari e decine di agenti, psicologi penitenziari, educatori, direttori di carcere, avvocati dell’Unione camere penali, esponenti di sindacati di polizia e volontari».

I firmatari (alcuni) di quell’appello: Giorgio Albertazzi, Giuliano Amato, Franco Battiato, Marco Bellocchio, Gianrico Carofiglio, don Luigi Ciotti, Maurizio Costanzo, Giuseppe Di Federico, Vittorio Feltri, Luigi Ferrajoli, Dario Fo, don Andrea Gallo, Fulco Lanchester, Rita Levi Montalcini, Luigi Manconi, Giacomo Marramao, don Antonio Mazzi, Luigi Morcellini, Ennio Morricone, Mario Patrono, Riccardo Pacifici, Angelo Panebianco, Franca Rame, Stefano Rodotà, Enrico Sbriglia, Adriano Sofri, Valerio Spinarelli, Gianmarco Tognazzi, Paolo Villaggio. Hanno firmato circa trecento parlamentari di tutti i gruppi: Rosy Bindi, Pierluigi Castagnetti, Anna Paola Concia, Benedetto Della Vedova, Pietro Ichino, Enrico La Loggia, Marianna Madia, Alessandra Mussolini, Leoluca Orlando, Antonio Martino, Arturo Parisi, Gaetano Pecorella, Flavia Perina, Savino Pezzotta, Adriana Poli Bortone, Stefano Stefani, Jean-Leonard Touadì, Walter Veltroni; e gli euro-parlamentari Rita Borsellino, Rosario Crocetta, Patrizia Toia; il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, una quantità di sindaci e di presidenti di province e regioni.

Vale per loro (e per tutti noi, beninteso), quel “Se non ora, quando? Se non così, come?”, che chiude l’appello al presidente Napolitano dei giuristi e docenti universitari. Rita Bernardini avrebbe certamente rivolto al presidente queste due domande. Ma noi, ognuno di noi, che risposta si sente di dare?


di Valter Vecellio