Pm, politico e ora sociologo

giovedì 13 settembre 2012


Ministro subito verrebbe da dire. Antonio Ingroia anche sociologo, oltre che magistrato, politico, storico della mafia, opinionista di primo livello e si potrebbe aggiungere logico-matematico, nonché, moralista che più moralista non ce n’è. È lo stesso pm a definirsi sociologo, rispondendo alle critiche mosse dal presidente della Anm (Associazione nazionale magistrati) Rodolfo Sabelli per l’intervento del magistrato alla sfavillante festa del Fatto Quodidiano, giornale moderato di ispirazione paleocristiana. Respinge le accuse Ingroia, rivendicando la sua analisi storica e sociologica del fenomeno mafioso.

Confonde il procuratore aggiunto di Palermo il concetto di opinionista con quello di sociologo, rectius, analisi sociologica. Un errore inescusabile analogo a quello tra la incompatibilità della funzione di Magistrato e quella di opinion maker della sinistra pensante e rivoluzionaria alla Travaglio (maestro di opportunità ben conoscendo l’ignoranza del popolo sovrano), per la semplice ragione del difetto genetico della legge, che si può masticare come la gomma americana.

Forse Ingroia a giustificazione dei suoi improvvidi interventi pubblici ha voluto conferire una dignità scientifica alle sue esternazioni, qualificandosi sociologo, ignorando che la sociologia è si la scienza che studia i fenomeni della società umana, indagando i loro effetti e le loro cause, in rapporto con l’individuo e il gruppo sociale, ma che per indagare bisogna conoscere ed applicare le metodologie proprie di questa scienza. La sociologia è essenzialmente una scienza applicata, che presenta due aspetti, fortemente interconnessi: una parte formata soprattutto di grandi teorie che hanno lo scopo di creare modelli macro di spiegazione della società, un’altra parte costituita da studi maggiormente focalizzati su fenomeni sociali circoscritti per tempo e luogo.

Questa seconda parte rappresenta la porzione applicativa della sociologia, quella che maggiormente la avvicina alle scienze. Una serie di metodologie di ricerca che potrebbero introdurre in una cultura giuridica, prevalentemente logico deduttiva, coefficienti, equazioni, modelli matematici, e soprattutto metodi di tipo induttivo alla ricerca di inferenze e soluzioni fornite dai dati oggettivi acquisiti sul campo, in breve affrontando il come è e non il come dovrebbe essere, viziato dalla lontananza dai dati. In altre parole valorizzare il misurabile ed analizzabile, emarginando tutte quelle regole retoriche che presentano risultati e risoluzioni sull’orlo della tautologia.

La ricerca deve essere una ricerca oggettiva, pertanto, non può formulare giudizi di valore e i suoi risultati non possono diventare la base di una certa direzione politica. Il piano su cui poggia non è il piano della validità ideale dei valori, ma soltanto il piano della esistenza di fatto, non può dirci che questi valori valgono o non valgono, non può prescrivere un comportamento in luogo di un altro, può soltanto indagare i valori nella loro genesi storica. La ricerca scientifica è indipendente da qualsiasi presa di posizione valutativa; essa accerta ciò che è, non determina ciò che deve essere. Le scienze sociali non ammettono nel proprio ambito alcuna valutazione pratica, ma sono in rapporto con i valori che delimitano il loro oggetto entro la molteplicità del dato empirico.

I Magistrati subiscono l’esclusione per una quasi totale carenza di conoscenza di quelle discipline che s’impegnano nella ricerca delle teorie scientifiche, che spiegano le relazioni quantitative relativamente costanti ed esprimibili in forma di funzioni matematiche, ma nel senso, anche, di fatti generali o di relazioni ordinali, di analisi strutturali, traducibili per mezzo del linguaggio corrente o di un linguaggio più o meno formalizzato. Le cosidette scienze nomotetiche: economia, sociologia, demografia, etnologia, psicologia scientifica. Diversamente lo studio del diritto pone l’operatore in una posizione differenziata per il fatto che il diritto costituisce un sistema di norme ed una norma si distingue dalla relazioni di causa ed effetto che caratterizzano le scienze nomotetiche.

Una norma non dipende dalla constatazione di relazioni oggettivamente esistenti ed osservabili, ma discende in gran parte dai principi del dover essere e non del come è. La norma giuridica prescrive un certo numero di obblighi e di attribuzioni che rimangono validi anche se il soggetto li viola o non ne fa uso, laddove, al contrario una teoria (o legge) scientifica si basa su un determinismo causale o una distribuzione stocastica e il suo valore di verità dipende esclusivamente dal suo accordo con i fatti. Ovviamente non siamo d’accordo con l’Anm ed il suo presidente Sabelli per difetto di imparzialità nella difesa della categoria. Per Ingroia un trattamento diverso, derogando dai paramettri fino ad oggi seguiti per tutelare i magistrati. Una critica ad personam.


di Carlo Priolo