giovedì 30 agosto 2012
Il Bersaglio mobile di La7 dell’altra sera ha fornito una serie di spunti interessanti. Ma, a modesto giudizio di chi scrive, due in particolare (oltre al solito Travaglio che, quando un po’ in difficoltà, si arrocca dietro ad atteggiamenti tipici dell’attricetta di avanspettacolo punzecchiata sui propri ritocchi estetici) hanno necessità di essere evidenziati e riguardano entrambi lo schieramento dei cosiddetti “anti”: anti B. (ma oramai lo sport è passato di moda), anti Bersani, anti Violante, anti Repubblica, anti Scalfari, anti Monti, anti Napolitano. Insomma, per farla breve, “anti-tutti”.
Per la verità, lo diciamo subito, non si tratta di nulla di nuovo ma, nella sostanza, le due situazioni – di tanto in tanto – emergono e tutti fanno finta di nulla. La prima, nel corso della trasmissione di lunedì, l’ha (forse involontariamente) ricordata, in diretta da Reggio Emilia, il deputato del Pd Francesco Boccia. Testualmente: «Nel 2008 Di Pietro non avrebbe nemmeno dovuto costituire il gruppo parlamentare dell’Italia dei Valori. C’era un patto politico fatto di fronte agli italiani. Di Pietro entrò in quella coalizione che coraggiosamente Valter Veltroni costruì in quel modo. Di Pietro entrò in quella coalizione con il patto solenne di fronte agli elettori che avrebbe costituito un gruppo parlamentare unico alla Camera e al Senato. 24 ore dopo tradì quella promessa». Se ci fu quel “tradimento” dipende forse dal fatto che un gruppo parlamentare (e quindi anche l’Idv) riceve i contributi pubblici in entrambi i rami del Parlamento? A nostro parere sì, tanto è che l’ex pm – paladino della battaglia contro il finanziamento ai partiti – ben si è guardato dal ribattere all’obiezione dell’onorevole Boccia.
Seconda situazione, come detto anch’essa non proprio nuova. Ancora testualmente, stavolta Marco Travaglio su Ciancimino jr.: «Ciancimino è uno dei dodici imputati di questo processo sulla trattativa ed è imputato esattamente per le cose che lui ha detto di aver fatto per conto di suo padre. Perché lui, dato che il padre non poteva muoversi da casa, gli faceva da postino ed andava a portare i pizzini ai mafiosi e riceveva i pizzini dei mafiosi e li portava a suo padre. Proprio in base a quello che ha detto Ciancimino di aver fatto è stato imputato». Domanda: è normale che un pm scriva la prefazione del libro scritto da siffatto soggetto? Per dirla con Filippo Facci, «pare che alla procura di Palermo si stiano specializzando in pataccari da sfruttare soltanto sinché servono, salvo arrestarli o farli sparire quando la situazione si compromette. È stato così per Massimo Ciancimino ed è stato così – per chi non lo sapesse – per il pentito Vincenzo Scarantino, già protagonista di balle clamorose e purtroppo accreditate nel processo per la strage via D’Amelio: il pm Antonio Ingroia ha dapprima raccolto alcune deposizioni ai danni di Bruno Contrada e Silvio Berlusconi, ma poi puf, quando si è accorto che mancava ogni possibile riscontro non ha riversato i verbali dai fascicoli processuali e soprattutto non li ha riversati neppure nel fascicolo del pubblico ministero, sottraendolo così a ogni valutazione della difesa e omettendo ogni indagine a riguardo».
E per il momento ci si ferma qui.
di Gianluca Perricone