domenica 5 agosto 2012
Dopo l’Occidente, più che un libro, è la registrazione di un discorso, di un sermone, di uno sfogo impetuoso e catartico. Come un fiume in piena, come una cascata che ha rotto la diga, come lo tsunami che sconquassa le coste e l’entroterra, lo speech di Ida Magli colpisce e muggisce contro lo scoglio delle convinzioni e del pensiero del lettore, né gli dà il tempo di riaversi da un’ondata di parole mentre già la nuova lo sommerge.
Il discorso, quasi artatamente diviso da pause editoriali, per forza di cose ripete magari gli stessi concetti, ci ritorna, affonda in particolari, mentre trascura e passa per un attimo sulle idee-forza, quasi queste fossero già cosa ormai data ed acquisita. Discorsi così che sembrano non finire mai, come un ricamo che dai virtuosismi dell’orlo torna incessantemente a ispessire il il rilievo fisico del disegno centrale, li possono fare in pochi; quei pochi che, alla Spadolini, parlano come un libro stampato, perché lo fanno nel proprio quotidiano, perché hanno interiorizzato grande cultura, enorme erudizione, profonda conoscenza dei temi che affrontano.
Ida Magli, romana, più anziana di quattro anni della fiorentina Oriana Fallaci, è considerata da molti, con contrari apprezzamenti ed opposte opinioni, la sua erede nella lotta al mondialismo ed all’immigrazione. Entrambe hanno compiuto il percorso intellettuale da sinistra a destra, dal femminismo e dall’antiamericanismo alla difesa dell’Occidente e dei suoi valori secolari. Partecipano quindi del gruppo intellettuale già comunista, o iperlaico, o progressista, che, approdato per diverse ragioni alla testa del mondo conservatore, realista, liberale, populista, cattolico, nazionalista e postfascista, in qualche modo ne ha cacciato le voci originarie, paradossalmente isolandole ancor di più di quando queste pativano dell’assoluta condanna preventiva di filo razzismo e fascismo tout court.
Nella disattenzione del mondo laico, la destra intellettuale ha tenuto un suo dibattito aperto da Marcello Veneziani e Renato Besana con il motto “Tornare ad Itaca”, che in soldoni si traduce nell’invito a chi fu missino, poi di An e si ritrova oggi confuso nel generico homo parvus occidentalis del Pdl a tornarsene per conto proprio. L’appello, uscito su Totalità, giornale on line di Simonetta Bartolini, espressamente rivolto «alla componente destra del Pdl, alla Destra di Storace, al Fli, ai nascenti movimenti degli azzeratori di Giorgia Meloni, dei patrioti della Donazzan, del Fuori di Bignami, di RinascItalia della Foschi, ed alla galassia giovanile di comunità. circoli, case e movimenti», per «ricostruire un soggetto civile, prima che politico e culturale» si è concretizzato in una riunione nel millenario monastero camaldolese di Valledacqua, Acquasanta Terme.
L’ampio dibattito, a destra, aveva suscitato soprattutto gran rifiuti, a parte quello scontato di Umberto Croppi, dei Marco Tarchi, Stenio Solinas e soprattutto del medievalista Franco Cardini, malgrado la sua partecipazione assieme a Veneziani a Totalità. Per Cardini l’abbraccio con “il Burattinaio di Arcore” era stato letale come la camicia di Nesso per Eracle: «comprandosi a un tanto al chilo il nostro intemerato rigore e la nostra specchiata onestà, ci ha aiutato a liberarci dai miti e dai sogni: prima Fiuggi, poi la disgregazione della solidarietà interna frammentata in una miriade di cosche e di nicchie, infine il Magnus Opus, il solve et coagula del PdL dove tutte le vacche son bige e dove gli ex bravi ragazzi che per decenni si erano rifiutati di piegarsi al mito conformista della Resistenza scoprivano lietamente il fascino di “quei bravi ragazzi venuti in Europa per darci la libertà” e applaudivano all’esportazione della democrazia nel Vicino Oriente, incuranti di “fuoco amico” e “danni collaterali”.
Qualcuno, più audace, si spinse oltre fino all’apologia dei libertarian Usa paragonati ai cavalieri medievali e alla lode della magna Europa liberal-liberista d’Oltreoceano proposta come esito della Tradizione da ex “reazionari cattolici” tutti d’un pezzo frettolosamente convertiti al Verbo theoconservative. Deinde, Veneziani con Gennaro Sangiuliano, Adolfo Morganti, Sandro Giovannini, Fabio Torriero, Pietrangelo Buttafuoco, Gianfranco de Turris e altri sessanta si sono radunati per condurre la particolare destra italiana fuori dal dibattito antico fra berlusconiani e antiberlusconiani, con le stesse ragioni di chi sempre a destra ha rifiutato l’invito. Questi ultimi si sono chiesti: «Quale sarebbe l’Itaca di Veneziani e Buttafuoco? Il Msi di Michelini ed Almirante? L’An di Fini e dei colonnelli? La destra neocon Usa, dell’export di democrazia, delle bombe intelligenti in Iraq e Afghanistan? La destra liberal-liberista UK?».
Da Valledacqua alla fine è venuto un preciso messaggio. La destra di Itaca non può che essere Dio Patria e Famiglia; ma significativamente, a riguardo, tutti probabilmente condividono il rimpianto di Cardini più che per l’ultima guerra persa, per la vittoria di Lepanto sull’Oriente e la sconfitta dell’Invicibile Armada da parte inglese. È facile capire il perché. Gli inglesi possono. Possono essere democratici e difendere con le armi vestigia coloniali. Possono cantare le lodi di una monarchia unica sopravvissuta con tutte le parole e le lodi medioevali. Possono vantare, unico caso occidentale, il Papa Re, anzi la Regina Papessa, Perché in Uk, come in Iran, il capo dello stato è anche capo della Chiesa. Una teocrazia a dominazione più che laica, nazionalista. Possono vantare un capo la cui effige sta sulle monete di molte nazioni, possono vantare ancora oggi un mundialismo nazionale. Tutto ciò contemporaneamente partecipando della piccola, grigia, banale vita della semidemocrazia europea e del grandissimo potere finanziario internettiano mescolato a quello Usa.
Gli inglesi possono essere nazionalisti, a prescindere dell’essere di destra o di sinistra; possono amare o meno Dio, sempre facendolo coincidere con Buckingham Palace; possono difendere la mini, il rock, i punk, il welfare, Smith, sempre in nome della famiglia reale. Possono sostenere qualunque cosa perché il libero pensiero, i diritti umani, la cosa giusta coincidono sempre con il loro punto di vista. A prescindere dall’essere di destra e di sinistra.
Dio, patria e famiglia sono concetti che bisogna guadagnarsi, sul campo. Se si perde, ti massacrano, come è successo alle ideologie germanica, papista, napoleonica, razzista, sovietica, nazista, fascista e comunista. Di “Dio patria e famiglia” ce ne può essere uno solo. Se è buono quello della Queen, non lo è quello del Gott, Non a caso tutti i giorni intv mostrano le cattive cose fatte 70 anni fa dai Gott e le pubblicità mostrano una famiglia anglo-indo-afro-vietnamita mai vista in Europa. Ad Acquaviva si sono sentite molte delle posizioni della Magli, a partire dalla definizione del premier bocconiano come «rappresentante di un governo d’occupazione» alla «sovietizzazione indotta dall’economia mondialista». Non a caso Giordano Bruno Guerri partecipa del movimento dell’antropologa romana Italiani Liberi come di Totalità. La Magli, già femminista, presente su Noidonne, il periodico fondato a Napoli da Palmiro Togliatti e Nadia Spano nel 1944, riferimento per l’Unione delle Donne Italiane ha praticamente fondato l’antrolopogia culturale, di cui è insegnante alla Sapienza da una vita. Le sue ultime affermazioni hanno scandalizzato a sinistra che non si accorge quanto siano coerenti con una sinistra che fu, quella battagliera antiamericana che voleva cambiare il mondo. Non è la Magli che è cambiata. È cambiato il progressismo che di fronte alla sconfitta delle utopie ha optato per la rinuncia, la rinuncia a propagandarsi, a promuoversi, a combattere, a fondare l’homo novus. La Magli si scatena di fronte ai governi finanziari non democratici ed alle imposizioni straniere sull’Italia, ma la sua è un’ira che viene da lontano, indotta dall’Europa africanizzata e terzomondista ma soprattutto castrata in qualunque obiettivo, ideale e scopo sia materiale che spiritualmente. Parla di difendere l’identità italiana dal mondialismo, ma è facile vedere in questa china l’apertura di mille identità da difendere, regionali, territoriali, cittadine. È estremamente acuta nell’evidenziare la crisi esistenziale dei giovani, soprattutto maschi, cui l’ambiente sociale sostanzialmente sconsiglia di farsi una vita, nell’assenza di ideali, anche sbagliati e nella descrizione completamente mendace ed in malafede di un contesto globale disastroso.
In Totalità a sorpresa c’è anche un’altra donna, la Ferrara rosa, Maria Giovanna Maglie, romana d’adozione, anch’essa ex comunista dell’Unità, poi craxiana in Rai, mentore di Mentana, giunta al Foglio per rifiutare poi la virata atea credente dell’elefantino. Attraverso la newcon Maglie, più giovane delle predecessori di un quarto di secolo, è facile capire la soluzione del dramma reale descritto in Dopo l’Occidente e sentito ad Acquaviva. Si chiama, neocon all’europea e deve superare il tabù tutt’oggi fortissimo del rifiuto del colonialismo europeo. Tanta cultura, tanta popolazione, tanta economia, tante forze devono potersi sviluppare ed hanno di fronte a sé, nel sud del mondo, enormi territori ancora indietro decine se non centinaia di anni.
Non si tratta di tornare ad Itaca. Si tratta di proporre una via per ridare senso alle cose, senza il quale non si dà crescita. Non si capisce perché il Tea Party, invece di discutere quisquilie da Pli, non interloquisce con i nazionalisti. Non si capisce perché i laici si disinteressino del loro dibattito, condannato in quanto statalista, quando alle loro kermesse invitano ex sinistri che per metà della loro vita dello statalismo si sono pasciuti. A livello macro, liberismo e competizione hanno bisogno di una spina dorsale statalista che non combacia necessariamente con aziende pubbliche ma che si chiama Internet, industria della comunicazione, Borsa, agenzie di rating, difesa a livello europeo. Per cominciare, i laici potrebbero insegnare un po’ di politica estera e cassare gli eurodeputati felici di votare a Strasburgo ciò che disprezzano a casa.
di Giuseppe Mele