L'Italia è un paese cagionevole

domenica 29 luglio 2012


Allora, l’Italia è di “Costituzione cagionevole”? Si rincorrono, in proposito, le invocazioni e i richiami storici per l’elezione di una nuova “Costituente”, con gli stessi, pieni poteri di quella del ’46-’47, incaricata allora di scrivere la nuova Costituzione repubblicana. Comunque sia, il problema vero è un altro: si tratta di capire “in che modo” restituire al popolo sovrano il potere di stabilire le scelte politiche di fondo. Del resto, in questa rivoluzionaria era di social network, ognuno tende ad auto-rappresentarsi e a scegliere i propri leader “da remoto”. 

Basta, per questo, digitare (Grillo docet) dal computer di casa o da uno smart-phone gli indirizzi che danno accesso alla platea sterminata di un disperso, infinito popolo di blog “elettori attivi”. Davvero la politica sta pensando seriamente a una nuova Carta Fondamentale, che sia in grado di rivaleggiare per durata con quella del 1948? Ad ascoltare le proposte in campo a me, per dirla tutta, viene lo sconforto. Si parla, per ipotesi, di presidenzialismo alla francese, di leadership rafforzata, di Camera Bassa e di Camera Alta, ovvero di un mix di tanti e tali sistemi - già realtà in altre Nazioni occidentali - che vengono i brividi soltanto a riassumerle tutte! Io, invece, mi chiedo: si può ritornare alla “Polis” ateniese, in cui i cittadini avevano un reale potere di scelta sui propri destini?

Per cercare una soluzione, in grado di conciliare l’atomizzazione del consenso - conseguente alla demolizione ideale e reale della presenza e del significato dei partiti all’interno della società italiana - mi sembrerebbe logico capovolgere letteralmente il principio attuale dell’elezione delle rappresentanze politiche in democrazia. Oggi, il voto di un singolo non vale letteralmente nulla, confondendosi tra decine di milioni di altri, con uguale diritto di espressione. Le “macchine” di aggregazione del consenso sono, ormai, soltanto dei giganteschi moloch mediatici e vanno in senso diametralmente opposto alle esigenze del popolo dei blog e degli smart-phone, che chiede di far contare pubblicamente l’opinione di ogni singolo elettore.

In Siria, ad esempio, un regime perverso e sanguinario, che ha fatto decine di migliaia di vittime tra i suoi cittadini in rivolta, non riesce più a contenere il popolo dei telefonini e di Internet, che documenta ogni giorno, istante per istante, le sue terribili atrocità quotidiane. Allora, che cosa fare? Per tornare alla “Polis”, occorrerebbe poter scegliere chi abbia il diritto di sedere nel Senato degli “Eletti” (nel senso delle persone più meritevoli e capaci). Un ragionamento compatibile sarebbe quello di dire: tiriamo a sorte tra tutti cittadini onesti. In termini più moderni, potremmo dire di più: partiamo dalla piramide di età e dividiamola per classi “generazionali”. Per ciascuna di esse individuiamo il corrispondente “peso specifico” a livello nazionale (esempio: “il peso, in %, della classe dei giovani da zero a 25 anni, rispetto all’intera popolazione Italiana”).

Istituiamo per legge, poi, una “Lista unica nazionale” di coloro che, a prescindere da censo, ceto ed età, intendano candidarsi al “Senato degli Eletti” (nel senso sopra specificato). Per essere iscritti alla “Lista” occorre - come per qualsiasi Albo professionale - dimostrare di: saper scrivere, proporre leggi e di esporle pubblicamente; far di conto con i bilanci pubblici; avere un indubbio profilo morale. Tutte cose che si possono facilmente, accertare con prove attitudinali pubbliche scritte/orali e tramite un buon certificato penale. Onde evitare sperequazioni geografiche, è sufficiente che, al momento del sorteggio, si tenga conto della ripartizione regionale delle classi demografiche.

Continuando nell’esempio di prima: ammettiamo che l’80% della classe demografica “0-25 anni” stia in Sicilia. Allora è chiaro che l’80% delle persone sorteggiate, per quella classe, sarà residente in Sicilia. Immaginatevi, infine, gli immensi risparmi, rispetto ai costi attuali della politica! Dopo di che, basta costruire un sistema equilibrato di poteri e contropoteri, tra Parlamento ed Esecutivo, per avere la quadratura del cerchio. La versione che preferisco è quella di un Primo Ministro eletto a suffragio universale, che abbia diritto a far rispettare gli impegni del “Programma”, così come votato dagli elettori. Per farlo, deve poter sottoporre al Senato proposte di legge (finalizzate alla realizzazione del Programma stesso) che possono essere approvate o respinte “in toto”, senza possibilità di modifica, da parte del Parlamento.

Quel Premier, poi, che si veda respinta una sua proposta di legge, può sottoporla a referendum approvativo popolare, da votare con il sistema del voto elettronico. Idem, qualora il Premier ritenga lesiva del proprio programma - così come da lui concordato con gli elettori - una legge approvata autonomamente dal Senato. In caso di conflitto prolungato Premier-Senato, il Presidente della Repubblica (che manterrebbe gli stessi poteri attuali) può indire nuove elezioni del Premier + sorteggio, con provvedimento motivato, impugnabile presso la Corte Costituzionale da uno dei due soggetti costituzionali Senato/Premier.

La Corte, poi, decide entro termini tassativi sul conflitto costituzionale, legittimando o rendendo inefficace il provvedimento presidenziale. Spero che il Presidente Berlusconi mi legga, prima o poi...


di Maurizio Bonanni