Ma il Cav è ancora in pista?

sabato 21 luglio 2012


Letta junior prova l’arma finale della disperazione. Tanto fortunato e fresco di barbiere è lo zio, tanto è perseguitato da una sfortuna blu il nipote. Come nella patente di Totò si limita ad augurare un buon risultato al Pdl ed uno pessimo a Grillo e Lega. I vertici Pd che augurano successo elettorale ai berluscones, incredibile. Di tutto altro verso è Veltroni, l’uomo che giurò di non pronunciare mai il nome dell’odiato nemico. Con lo spirito auto-contraddittorio pervasivo e globale che lo distingue, quello che fu il numero 2 ed ora è quasi non valutabile, esplode: no al ritorno di Berlusconi, no alle preferenze, no al ritorno di un passato terribile. Se lo dice lui... Chissà se conosce il presente.

Di fronte alle Terme di Caracalla va in onda la cialtroneria più notevole. Nelle due ore di concerto e canti di fantastiche melodie, l’antistante ex festa dell’Unità, non perde tempo a esplodere altissimi decibel di mazurche e di disco. Il direttore Yuri Temirkanov con la sua orchestra di San Pietroburgo impegnato nei delicati fraseggi di Rimsky Korsakov e dell’Alexander Nevsky di Sergej Prokof’ev, quasi sventola la bacchetta con inequivocabile significato rivolto alla festa Pd. Imbarazzo dell’orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma. L’incredibile è che la discoteca si taccia al finire dei concerti come se si andasse a ballare tra le 9 e le 11. Completamente fuori mercato. In realtà bisogna dare spazio ad altre cialtronate. Assieme al Valter, è in onda una delle nuove icone della sinistra, il magistrato Ingroia, l’unico che è riuscito a far assolvere Riina.

I manifesti ripetono che “Roma ce la farà”, sottotitolo Veltroni Ingroia. Non si capisce se Roma vedrà il suo ex sindaco inghiottito o ingroppato: Forse l’incitamento è rivolto al Valter perché faccia l’una e l’altra cosa all’Urbe. E tutti gli attori sembrano ingroiati di sé, del terrore di doversi ancora cimentare, di ottenere un premio di maggioranza canceroso che impetuosamente cresca loro dentro, amorfo e ameboso. Il parlamentare Campagna protesta per l’inopportunità della presenza di Ingroia nei luoghi della politica. Ferrara e Bordin, l’ultimo pezzo sano dei radicali, notano che sia inopportuno nella giustizia italiana. In realtà è terrore, fifa blu, panico, esasperazione nella sinistra italiana. È bastato un accenno, una probabilità di ricandidatura del Cavaliere, tirato per la giacchetta, per seminare il panico. Si potrebbe essere più composti. Si parla di elezioni del 2013, non dell’autunno; non cambia una virgola nel sostegno da destra a Monti, assieme a centro e sinistra. La riforma della legge elettorale viene spostata di mese in mese; ora la relativa commissione ne dibatterà ad ottobre, con tutta calma. Intanto anche nel Pd crescono i cultori dello status quo e del porcellum calderoliano. Non si era detto che il berlusconismo era finito per sempre? Non si era detto che il Pdl scivola sotto il 10%?

Lo stesso gruppo sparuto, ma il più fedele al Cavaliere, dei socialisti del Pdl, non avevano in un apposito convegno, crocifisso Tremonti, cioè la politica economica della maggioranza dei 3000 e passa giorni di governo del Caimano? Anche loro, come già Follini, Casini, Fini, Galan e Crosetto? Non era una ridda in tutte le anime del centrodestra di divisioni nell’unità di una sola certezza, mai più Berlusconi? Niente, basta un accenno, una riunione. Tutti i pezzi del centrodestra si ricompongono. Polito, il giornalista partenopeo di Paese Sera, di Unità, di D’Alema del Riformista, ora del Corrierone, con qualche malcelata soddisfazione, ricorda che il Pdl è poco sotto il Pd e che col ritorno di Berkuska, potrebbe anche vincere. E quale Berluska vincerebbe? Il BerlusMonti destro travagliesco? Il BerlusGrillesco telesiano? O di nuovo, quello mezzo Dc mezzo Lega, capace di ridare fiato ai lumbard, già presi dal coma delle buone maniere e delle persone serie che li destinerebbero al consenso di un De Luca o di un Rotondi? Tutti e nessuno. Berluska è molte maschere, forse anche molte anime e le sa reggere contemporaneamente, vellicando elettorati assai diversi fra loro. Solo l’ipotesi mette in rotta preventiva le sinistre, il suo centro sfaldato, il Casini senza Sicilia e Cuffaro ma col peso di Vietti, un Pd senza capo né coda che è incredibilmente meno di sinistra dell’avversario. Restano i poteri forti, incrollabili: Repubblica, magistati e commie ed i poteri forti stranieri. Dopo avere urlato per un biennio “Il Re è nudo” ad un signore borghese anche troppo vestito ed imbacuccato, ripetono scivolosi delle virtù delle vesti dei nuovi governanti, che avanzano vecchi, nudi, scoordinati, barcollanti, evanescenti o rinsecchiti nelle avvizzite rughe.

Sembra che al loro passaggio l’erba muoia, la terra tremi, il lavoratore perda il lavoro, l’imprenditore l’azienda. Finalmente non si parla più di disoccupazione giovanile. Ormai c’è quella a due cifre, per la gioia di chi per un biennio l’aveva annunciata, invocata, prevista e minacciata. Tutto il fronte antiberlusconiano di principio, quello per intendersi, di Mani Pulite, si presenta con mezza distruzione della grande industria, sprechi locali ed una calata a picco, verso il -3, che fa tremare i polsi. Come Catilina, maledetti per l’eternità. Volevano solo cacciare il Berlusca e riprendersi il tran tran. Non credevano di dover precipitare in un incubo all’Argento. Vorrebbero riprendersi grazie ai complimenti, quelli del Fmi, della Ue, della Bce, dell’Onu, dell’Eurogruppo e dell’Obamacare; agli applausi ed agli scherni del Brasile e dell’India. Complimenti che fanno più male che bene, che offrono fascine ai granai di Palazzo Grazioli. È il centrodestra che è incerto e spiazzato sul ritorno berlusconiano. La sinistra no. Ha chiaro che è il ritorno dell’incubo di Annibale alle porte. Per cui il Berluska, con questa storia della candidatura ci giocherà per un anno, come il gatto col topo. In questo tempo da Bruxelles a Palermo, tutti lo scoraggeranno regalandogli voti in più senza colpo ferire. L’ex premier in realtà ha cacciato Alfano che non è riuscito a compiere la missione dell’alleanza con l’Udc. Per il resto a tornare al governo non ci pensa. Governare è un massacro ormai molto più di vincere le elezioni. Poi, è chiaro che se non si conquista il Quirinale è tutto inutile.


di Giuseppe Mele