La triste solitudine del Senatùr

venerdì 20 luglio 2012


Ci si potrà pure far sopra della facile ironia, ma la fotografia di Umberto Bossi solo in tavola che è stata pubblicata l’altro giorno dal Corriere della Sera dovrebbe quanto meno far riflettere. Prima di tutto dal punto di vista umano, in quanto quell’ex leader raffigurato nell’istantanea simboleggia il destino del potente (e non solo): essere abbandonato dai lecchini di turno quando gli stessi intuiscono che l’aria che tira non è più la stessa. Bossi (ma la storia della politica italiana ci narra che non è stato l’unico) ha sbagliato, si è circondato da una cerchia di cortigiani senza scrupoli e, come se non bastasse, da prole al limite dell’interdizione. Questo non vuole dire, però, che “dalla sera alla mattina”, quello che un tempo rappresentava una sorta di essere celestiale debba essere trattato come un qualunque signor nessuno, ignorato, snobbato.

È vero, in politica (e non solo), la riconoscenza o, quanto meno, il lineare rapporto umano rappresentano l’eccezione e quel che ha documentato il Corriere ne è una inequivocabile conferma. Lo scatto fotografico di Trescore Cremasco rappresenta un Senatùr – per dirla con Francesco Borgonovo - «Spaesato. Dall’inclinazione della testa possiamo immaginare che si stia guardando intorno, alla ricerca di un volto amico, di un militante che venga a complimentarsi o a battergli una pacca sulla spalla. Invece c’è appena la solitudine desolante, il quadro perfido di un declino». E, aggiungiamo noi, è anche evidente la rappresentazione dell’irriconoscenza della razza umana, assai dedita alla genuflessione davanti al potente del quale poi, quando in disgrazia, si fa finta di dimenticarsene anche il nome. Schifo? Praticamente sì. Assai vili sono coloro che – temendo chissà quale conseguenza – hanno il timore di compromettersi con chi (al momento) risulta essere un perdente. Schifo? Ancora, praticamente sì. Pur non avendo alcuna affinità con la vicenda del fondatore della Lega, quella foto del Corriere mi ha fatto venire in mente per un attimo la vicenda dello statista di Hammamet del quale – per adepti, adulatori, beneficiati, nani e ballerine – fu troppo facile dimenticarsi.

Mentre dalla terra africana l’esule forzato continuava a combattere per la sua Italia, da noi (quasi) tutti facevano finta di nulla impegnati com’erano in una indegna opera di auto-riciclaggio. Sempre per dirla con Borgonovo, «e dove prima s’affollavano adulatori e servi, nemmeno compare un cameriere».


di Gianluca Perricone