mercoledì 18 luglio 2012
Non è una boutade. Che si ricandidi o meno, l’intenzione di Silvio Berlusconi di rispolverare l’agenda liberale su cui ha costruito le fortune di Forza Italia è concreta. Man mano che trapelano le indiscrezioni sul convegno degli economisti, celebratosi due giorni fa a villa Gernetto, si rafforzano le convinzioni di chi accredita un Cavaliere insoddisfatto della traballante guida del partito. Che negli ultimi mesi ha imboccato una pericolosa deriva populista rendendolo il principale bacino di pesca per le istanze dei grillini.
Un Berlusconi deciso a sferzare i suoi a partire dai contenuti, oltre che dal contenitore di cui tanto si è parlato in questi giorni.
Così, a sedersi attorno al tavolo insieme all’ex premier e ai parlamentari azzurri Antonio Martino, Giuseppe Moles e Deborah Bergamini, sarebbero stati Robert Mundell, Gary Becker e Vernon Smith. Non uno, come si pensava in un primo momento, ma ben tre premi Nobel per l’Economia. Risale infatti al 1992 l’onorificenza conseguita da Becker, al 1999 quella di Mundell, e al 2002 (insieme al collega Daniel Kahneman) il premio di Smith. Non solo una questione di prestigio. Gli studi di Becker si sono concentrati sull’azione dell’individuo nel contesto sociale ed economico in cui opera. Con particolare attenzione al rapporto tra capitale umano e reddito nell’ambito delle relazioni nel mercato del lavoro. Centrale negli studi dell’economista della Pennsylvania l’analisi del ruolo della famiglia come “piccola fabbrica”, produttrice di beni di prima necessità e principale freno dei comportamenti antieconomici di un sistema-paese. Tutte tematiche-ponte fra le istanze della neonata Forza Italia e i grattacapi che si sono presentati dinanzi al governo dei tecnici e che si ritroveranno fra le mani i vincitori delle prossime elezioni. Mundell è invece considerato il padre spirituale della moneta unica europea. Proprio «per la sua analisi della politica fiscale e monetaria in presenza di diversi regimi di cambio e per la sua analisi delle aree valutarie ottimali» è stato insignito del Nobel. La sua presenza a villa Gernetto allontana i sospetti di chi voleva un Cavaliere salito sul carro dell’antieuropeismo a buon mercato. Il poco sviscerato (dalla stampa nostrana) versante economico dell’intervista alla Bild, unito al brainstorming con Mundell, avrebbero ringalluzzito coloro che da anni speravano che Berlusconi ritrovasse quello slancio liberale e filo-europeo che era stato messo da parte con il progressivo incremento del potere di Giulio Tremonti.
Infine, non è un caso che la principale opera di Vernon Smith, La razionalità nell’economia, sia stata edita in Italia dall’Istituto Bruno Leoni, il principale think tank liberista del nostro paese. Un ritorno alle origini dunque quello del Cavaliere. Almeno se avrà un seguito. I bene informati assicurano che sarà così. Per fine settembre sembra sia previsto un nuovo appuntamento. Anche per dare la possibilità a chi non è potuto intervenire l’altro ieri di confrontarsi sui temi della crisi economica. E circolano nomi “pesanti”: su tutti il francese Pascal Salin e il cileno José Piñeira.
di Pietro Salvatori