mercoledì 18 luglio 2012
«Finalmente è finita. Ho sempre confidato nella mia assoluzione». Così l’ex ministro delle Politiche agricole e leader del Pid, Saverio Romano, ha commentato la sentenza del tribunale di Palermo che lo ha assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo nove anni dall’avviso di garanzia, due richieste di archiviazione da parte della procura del capoluogo siciliano e l’imputazione coatta, si conclude la vicenda giudiziaria dell’esponente politico siciliano. Con un’assoluzione «perché il fatto non sussiste».
Il giudice monocratico, Ferdinando Sestito, non ha accolto le richieste del pm Nino Di Matteo che aveva chiesto la condanna ad otto anni. Secondo la procura, che lo aveva definito «intraneo a Cosa Nostra», Romano avrebbe stretto un patto politico-elettorale con le famiglie mafiose di Villabate e Belmonte Mezzagno. Un patto che il giudice, evidentemente, ha ritenuto assolutamente non provato. Al centro delle accuse contro l’ex ministro, le dichiarazioni di due pentiti.
Si chiude così una vicenda che lascia, come ha dichiarato l’ex ministro, «l’amarezza per i tempi lunghi della giustizia, che non sono compatibili con un paese civile». Quasi dieci anni di una vicenda che «m’insegue come un’ombra», ricorda Romano visibilmente emozionato mentre rilascia dichiarazioni spontanee prima che il gup entrasse in camera di consiglio: «Nel 2003 quando ho ricevuto l’avviso di garanzia ho scelto di lasciare la mia attività di avvocato» ha spiegato Romano in aula. «La mia toga è pulita e spero di poterla presto consegnare a mio figlio» ha continuato con una voce rotta nel tentativo di trattenere il pianto. «In questi anni ho più volte giurato sulla Costituzione e sulle leggi dello stato che non ho mai tradito. Amo questo paese ed è surreale trovarmi qui».
Soddisfazione per l’assoluzione è stata espressa dal centrodestra, concorde nell’esprimere la solidarietà a Romano per la strumentalizzazione della sua vicenda. Per il segretario del Pdl Angelino Alfano, se «la giustizia gli restituisce la meritata serenità, resta l’ombra dell’accanimento mediatico e politico che ha subito per anni in modo ingiustificato e strumentale». E mentre per Fabrizio Cicchitto «finalmente è stata riconosciuta la sua estraneità ai fatti», Stefania Prestigiacomo si chiede: «Ora chi ripagherà Romano del massacro mediatico a cui è stato sottoposto?».
di Rosamaria Gunnella