A Palermo spiano anche il Colle?

mercoledì 18 luglio 2012


Spioni è “bello”, in fondo! Pensiamo a Mata Hari e a tutti quelli che, con una “spiata”, hanno fatto virare dalla parte giusta le sorti della guerra! Vedi la macchina nazista “Enigma” per criptare gli ordini hitleriani, di cui una copia, una volta finita in mani inglesi, contribuì non poco alla disfatta tedesca. E, oggi, come funziona questo conflitto “costituzionale” di attribuzione dei poteri, che Napolitano ha sollevato presso la Consulta, tramite l’Avvocatura generale dello stato? Male davvero, visto che, ahimé, il presidente è il “capo” di tutti i magistrati d’Italia e, quindi, in teoria, come controllato (anche se indirettamente) dalla onnipotente procura di Palermo sarebbe in conflitto di interessi con se stesso. Ma questo, confesso, è solo folklore. Se i pm hanno agito nell’assoluta legalità, il problema non si pone. Del resto, nessuna indiscrezione è filtrata sul tenore e sul contenuto delle conversazioni tra Napolitano e Mancino. Anch’io, dal mio angusto spazio di commentatore, metto la mia pietruzza sul soglio di marmo dei giusti, per dire che sì, quelle intercettazioni vanno seppellite nel sarcofago della storia, come una scoria radioattiva di Chernobyl. A meno che...

Il punto sta, infatti, tutto in quel “ma”: con la sua iniziativa il presidente ha coperto, o no, uno dei soggetti politici che, a torto o a ragione, la procura di Palermo ritiene pesantemente coinvolto nella famosa trattativa stato-mafia? Se così fosse, i procuratori palermitani avevano l’assoluto obbligo di coinvolgere, secondo le modalità di legge, l’unico potere costituzionale che possa dichiarare l’impeachment del presidente per “alto tradimento”, ovvero il Parlamento. Invece se (come mi pare lecito immaginare) quelle conversazioni erano il semplice frutto di parole di circostanza e di conforto umano, per qualcuno - amico da sempre, pur se avversario nella lotta politica - che abbia dato chiari segni di trovarsi in uno stato di profonda sofferenza e disagio, per quanto di processualmente rilevante lo riguardi, allora ben venga la pietra tombale sulle parole di Napolitano. 

Ma, il Quirinale dovrebbe (a mio modestissimo avviso) anche prendere atto delle valutazioni che l’uomo della strada fa del suo recente operato (ho ascoltato, in proposito, alcune telefonate scandalizzate fatte da anonimi ascoltatori a Radio24 e a Radio3). La critica più ricorrente è quella di chi si meraviglia, piuttosto, che il Capo dello stato non faccia pesantemente pesare sui piatti della bilancia politico-giudiziaria la sua fermissima condanna per quei fatti del 1992 (che, stando ai processi per le stragi di Borsellino-Falcone e per la mancata cattura di Riina, coinvolgono uomini delle istituzioni, in divisa e non), chiedendo con tutta la sua autorevolezza di fare rapida luce su quelle oscure vicende, senza guardare in faccia nessuno. Visti i tempi di crisi assoluta (finanziaria, sociale, morale) che stiamo vivendo, una mossa in tal senso del Quirinale avrebbe ben potuto rappresentare una goccia d’acqua per chi, cittadino, muore (figurativamente) di sete e di stenti.

Altra osservazione che riguarda l’iniziativa tesa a sollevare la questione del conflitto tra poteri costituzionali, affidandola all’arbitrato del Giudice delle leggi, come Costituzione prevede. Per molti, si è così creata sulla vicenda una cassa di risonanza, di rilevanza interna e (soprattutto) internazionale, destinata ad avere riflessi sui giudizi di “affidabilità” del nostro sistema-paese. Personalmente, per dire, avrei apprezzato moltissimo un percorso di presidenziali passi “felpati”, magari lasciando che altre procure, diversamente coinvolte e/o interessate, muovessero con eccezioni di vario tipo e segno, per “marcare” correttamente, in futuro, il territorio del lecito e del non lecito in materia di intercettazioni. Avrei, cioè, lasciato nelle loro mani il grimaldello della illegittimità costituzionale di determinate forme e circostanze dell’azione penale. Ricordo, infatti, che i magistrati non sono un potere costituzionale (lo è, però, il Csm), ma un ordine giudiziario. Un po’ più di prefetti, ma molto meno di un presidente del Consiglio.

E, anche lì: la stessa tutela (una volta individuato il perimetro dell’utilizzo e dei limiti delle intercettazioni telefoniche) deve valere per entrambi i presidenti (della Repubblica e del Consiglio), per tutto il tempo della loro permanenza nella carica. In fondo, poi, se la famigerata “trattativa” ci fu o no, a quelli come interessa soltanto che, da vent’anni a questa parte, moltissimi boss mafiosi siano finiti dietro le sbarre, come è effettivamente avvenuto.


di Maurizio Bonanni