domenica 15 luglio 2012
“Sudditi”, il nuovo libro edito dall’Istituto Bruno Leoni, è una raccolta di analisi spietate dell’abuso di potere dello Stato italiano su noi privati cittadini. Ma è, allo stesso tempo, anche un programma. Un’agenda di riduzione del potere statale nella società. Martedì scorso, alla presentazione del libro, a Milano, nel centralissimo Palazzo dei Giureconsulti, c’erano un po’ tutti. Giornalisti di grido e non, imprenditori e un folto pubblico di appassionati erano incuriositi soprattutto dalla presenza di alcuni personaggi–chiave. Come un Luca Cordero di Montezemolo, che, dalla prima fila del pubblico, si è alzato a stringere la mano al senatore Nicola Rossi, presidente dell’Istituto Bruno Leoni e curatore del volume.
A che punto sarà il loro progetto, “Italia Futura”? A presentare il panel di relatori c’era il giornalista Oscar Giannino (Radio 24). Scende o non scende in campo? Nessuna risposta è arrivata da quella conferenza. Ma fra pochi mesi o anche settimane, in vista delle prossime elezioni, vedremo come, se e dove questi attori si posizioneranno sul palcoscenico della politica italiana. In attesa che si alzi il sipario, L’Opinione ha fatto qualche ipotesi assieme al professor Carlo Lottieri, uno dei fondatori dell’Istituto Bruno Leoni e attualmente direttore del suo dipartimento di Teoria Politica.
Professor Lottieri, presentarsi da liberali in partiti illiberali non fa sì che gli altri ti diano ascolto, come ha ricordato il senatore Nicola Rossi. Un soggetto liberale puro è possibile?
Penso che nascerà più di un soggetto nuovo che si collocherà nell’area liberale. Non so se questo sarà valutabile come un fatto positivo, che porterà competizione e vivacità, o se sarà solo causa di divisioni. Abbiamo davanti una fase complicatissima, molto incerta, un elettorato che non ha riferimenti. Tutto è imprevedibile. Le realtà che stanno prendendo forma più rapidamente mi pare che siano Italia Futura, promossa da Montezemolo, e quel nuovo movimento politico di cui Oscar Giannino sta facendosi promotore.
Montezemolo e Giannino non potrebbero unirsi in un soggetto unico?
È possibile, ma la vedo come un’unione complicata. Se una convergenza fosse stata semplice, si sarebbe già avuta. E invece finora ognuno ha cercato di seguire la propria strada. Il progetto di Giannino punta molto sul ricambio radicale. Nell’incontro di Firenze organizzato da Sedizione Liberale, pur essendo presenti Guido Crosetto e Giorgio Stracquadanio, due deputati di area liberale del PdL, Oscar Giannino ha detto chiaramente che un nuovo soggetto politico liberale non avrebbe dovuto imbarcare politici della Prima, né della Seconda Repubblica, pur con tutto il dispiacere per i presenti. In questo senso l’operazione di Montezemolo mi pare invece più istituzionale. Un po’ come se volesse creare un partito che si colloca a metà strada fra Berlusconi, Bersani e Casini, ma “serio”. Al contrario Giannino sembra voler dare voce a un “grillismo” dei liberali: alla rabbia dei ceti produttivi. Sono schemi differenti.
Montezemolo, sinora, è stato l’emblema della filosofia di Confindustria. Quanto c’è di liberale in quel mondo?
Storicamente la Confindustria italiana ha poco di liberale ed è stata parte integrante di un sistema corporativo. È pur vero che qualsiasi evoluzione positiva nel futuro di questo Paese dovrà avvenire con almeno qualche spezzone dell’attuale classe dirigente. Mi pare che Italia Futura miri a un cambiamento graduale, mentre Giannino vuole tagliare, il più possibile, con il passato.
Giannino sarebbe dunque più utopista?
Direi che ritiene di avere già avvistato l’iceberg. E allora, se l’iceberg è vicino all’impatto, qualunque proposta radicale diventa legittima e perfino necessaria: anche quella di ridurre, nell’arco di pochi anno, il 30–40% della spesa pubblica. Chi avrebbe mai immaginato che in Spagna avrebbero tolto la tredicesima? Beh, hanno dovuto togliere la tredicesima agli statali. Giannino legge i dati, si guarda attorno e non ritiene ci sia più tempo per una strategia troppo gradualista.
Il gradualismo sarebbe stato possibile negli anni ’90?
Certamente! Si sarebbe potuto riformare il Paese un po’ alla volta. C’era tutto il tempo di attuare le misure necessarie e oggi saremmo assai più tranquilli. Però, di fatto, 18 anni di berlusconismo e prodismo ci obbligano a politiche molto nette.
Prima accennava all’elettorato di Grillo. Ma quanto c’è di liberale in quel popolo?
Distinguerei fra quanti frequentano i forum sul Web legati al grillismo, i militanti (quasi tutti provenienti dalla sinistra) e i semplici cittadini che lo hanno votato nelle ultime amministrative. Mi pare che alle ultime elezioni amministrative Grillo sia stato scelto anche e forse soprattutto da moderati distrutti economicamente e disillusi politicamente, che chiedono una svolta radicale contro la Casta e contro le politiche di questo ventennio. In tal senso è interessante che fin da ora Oscar Giannino punti molto sul contrasto alla tassa patrimoniale. Dopo le elezioni, chiunque vinca, è pronto a imporla. Già l’ex ministro Giulio Tremonti invitava a non preoccuparsi troppo del debito pubblico, perché tanto c’erano risparmi privati molto alti. La proposta di Giannino è quella di “far pagare la patrimoniale allo Stato” con privatizzazioni massicce. Questi temi forti, espressi in uno stile arrabbiato, possono ricordare quelli di Grillo, ma nella sostanza sono assai differenti.
Ma c’è aria di rivolta fiscale, o gli italiani, proprio a causa della crisi, sono ancora più aggrappati allo Stato?
Non c’è oggi, ma potrebbe esserci nel prossimo futuro. Negli ultimi anni, di fronte ai problemi della finanza pubblica, si è utilizzata quasi esclusivamente la leva fiscale: aumento delle tasse e lotta all’evasione. È venuto meno quel poco di equilibrio che si era creato (proprio grazie all’evasione) e che permetteva alle imprese di sopravvivere. Ora c’è una sofferenza sempre più visibile, anche molto territorializzata: è la piccola e media impresa che si colloca fra Lombardia e Veneto che sta pagando il prezzo più alto. Lì è possibile che si abbia una rivolta fiscale.
Nuovi soggetti liberali, come quelli di cui abbiamo parlato, sono destinati a ottenere peso politico?
Realisticamente parlando, il “pallino” è ancora soprattutto nelle mani del Pd, che dovrà decidere se giocarlo su una grande coalizione (inclusiva di Casini e Berlusconi) o su un’alleanza di centro–sinistra. Mi pare che, in ogni caso, nell’area liberale chi troverà spazio lo troverà da perdente, da minoranza. Ma da lì potrebbe candidarsi a costruire una vera opposizione. Non un’alternativa fasulla, basata sui termini vecchi di destra e sinistra, ma un contrasto reale: meno Stato contro più Stato.
di Stefano Magni