Il Colle spinge per le desistenze

mercoledì 11 luglio 2012


«Rispetto Anna Finocchiaro e le sue opinioni, ma con i collegi uninominali sono i partiti a scegliere i candidati. Esempio: un siciliano in trentino o un emiliano in Puglia. L’unico sistema che fa scegliere il cittadino è la preferenza”, scrive il leader Udc Pier Ferdinando Casini sul suo profilo Facebook.

«Le preferenze nella legge elettorale furono abolite perché poco trasparenti - ribatte Anna Finocchiaro (presidente dei senatori del Partito democratico) -. Il Pd è per i collegi, magari con un sistema di consultazioni». Vacilla l’ipotesi di introdurre le preferenze nella legge elettorale, ma nemmeno l’idea dei collegi viene digerita da tutti.

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, sa bene che Sel e Idv remerebbero contro una grande coalizione per confermare politicamente il governo Monti. Così Bersani torna con la mente alla grande desistenza, quella che permise a Prodi di vincere le elezioni politiche del 1996. Quella desistenza tra il partito della Rifondazione Comunista e le forze riunite nella coalizione de l’Ulivo, è il fulgido esempio che fa sognare Bersani. 

In virtù di quella storica desistenza, Rifondazione Comunista non presentò i propri candidati in tutti i collegi elettorali in cui era presente il simbolo dell’Ulivo. Ma nei collegi assegnati tramite patto elettorale, al Prc venne garantita per contratto la non presentazione dell’Ulivo. Un contratto serio, quello di desistenza, e Bersani vorrebbe proporlo ad Antonio Di Pietro e Nichi Vendola. Per il momento Idv e Sel non hanno fiatato, evitando di smentire i sogni fin troppo chiari di Bersani. Del resto sia l’elettorato dell’Italia dei valori che quello di Sinistra ecologia e libertà è conscio di come Bersani vorrebbe vincere la partita, garantendosi la maggior parte dei collegi e lasciando tre o quattro regioni del centro-sud agli alleati. Non dimentichiamo che la ricetta Bersani servirebbe anche per arginare la calata su Roma del Movimento 5 Stelle di Grillo. E sappiamo bene che dentro Idv e Sel milita gente che vorrebbe alleanze con Grillo, proprio per spazzare via la cattiva politica di certi colonnelli di Bersani. Del resto i casi Tedesco, Penati, Lusi, Pronzato sono abbastanza freschi. E Idv e Sel sanno bene che una desistenza col Pd avrebbe il sapore dell’abbraccio mortale. Ma Bersani s’è lasciato aperta anche l’eventualità d’una trattativa col ferreo sostenitore delle preferenze, al secolo Casini: il segretario del Pd proporrebbe al leader Udc di consolarsi per la mancata reintroduzione delle preferenze, e di farlo con una desistenza col Partito democratico.

Ma sono solo ipotesi, anche perché Bersani fa parte del partito ispirato dai mercati finanziari, che vede con grande incertezza quello che avverrà in Italia nel 2013, cioè dopo le elezioni. Ecco che Bersani, Casini e Alfano confidano nel percorso più semplice: la vittoria di una grande coalizione che reincarichi Monti. Il premier dal canto suo spera «che l’Italia s’incanali in un processo politico pienamente compatibile con la continuità delle politiche dell’Europa». A dare la “strada maestra” a Bersani è il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che dalle colonne de Il Messaggero ricorda l’appuntamento elettorale con la grande coalizione formata da Pd, Pdl e Terzo Polo, senza Sel, Idv e Lega «perché il governo Monti non può venire considerato solo una parentesi». Nessuno fiata, e solo Rosy Bindi ammette che «il Pd è e resta alternativo alla destra». Con questo clima, la modificata della legge elettorale assume le forme più disparate, e a seconda del progetto politico che ogni leader ha in mente.

Così capita che il leader Udc Pier Ferdinando Casini difenda a spada tratta le preferenze in sintonia col capogruppo Pdl Maurizio Gasparria. Mentre il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, bolli le preferenze come «non trasparenti». Intanto in commissione Affari costituzionali del Senato giacciono i ddl con tutti i modelli e le proposte, dal metodo tedesco allo spagnolo passando per il francese.

«La nostra risposta alla condivisibile lettera del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è breve e chiara - scrive il segretario Pdl Alfano - noi siamo pronti. Il lavoro finora svolto dalle forze politiche non è stato vano perché è servito ad avvicinare le posizioni e a creare un atteggiamento consapevole e costruttivo, che è indispensabile presupposto per l’approvazione della nuova legge

elettorale. Sulla modalità di selezione degli eletti, siamo per restituire ai cittadini la facoltà di scelta. Ciò può avvenire in due modi: o con collegi uninominali o con le preferenze». È in gioco il destino di una riforma elettorale o quello dei partiti tradizionali, tanto graditi ai poteri forti? Il presidente della Repubblica aveva mandato giorni fa il suo aut aut: «La nuova legge elettorale va fatta». Pd-Pdl-Terzo Polo danno la propria disponibilità ad una sintesi, almeno a parole. Il capo dello Stato, sia pubblicamente che nei colloqui privati con i vari leader, aveva spesso fatto trasparire la propria preoccupazione che tutto finisse in un nulla di fatto. Soprattutto che alle prossime politiche potesse sbarcare massicciamente a Roma l’antipolitica, il partito di Grillo. Sulla carta ci sarebbe un canovaccio d’intesa tra Pd-Pdl-Terzo Polo: tra i punti fermi c’è il premio di maggioranza, non alla coalizione ma al partito più votato. È evidente che dal Colle si pretenda una legge elettorale condivisa, che Pdl-Pd-Terzo Polo lavorino per il reincarico a Monti e, soprattutto, che una diabolica legge elettorale tagli le gambe ai nuovi partiti. «Basta con gli indugi, meglio accelerare e in una settimana portare in Aula la proposta per la nuova legge elettorale», auspica Luciano Violante, responsabile Pd per le riforme.

«Le preferenze sono belle da dire e drammatiche da applicare e in più comportano costi elevatissimi, con tutti i rischi che ne seguono», aggiunge Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera. Sia per Violante che per Franceschini la via maestra sarebbero «collegi uninominali che consentono agli elettori di scegliere la persona da cui far rappresentare il proprio territorio».

«Se ci dovesse essere il sì al semipresidenzialismo alla francese allora ci sarebbe il sì anche alla legge elettorale a doppio turno, sempre alla francese, proposta dal Pd - spiega il Pdl La Loggia nel corso di un filo diretto a Radio radicale - Altrimenti l’unica cosa che si riuscirà a fare sarà qualche ritocco al Porcellum. Voterei sicuramente contro una legge elettorale che dovesse reintrodurre le preferenze». Situazione fluida, nel Pd sognano desistenze, mentre nei palazzi si fronteggiano trasversalmente il partito del collegio e quello delle preferenze.


di Ruggiero Capone