L'ora della sedizione liberale

giovedì 5 luglio 2012


Pubblichiamo il manifesto della “Sedizione liberale”, tratto dal sito internet www.sedizioneliberale.it,  che ha convocato per sabato una prima riunione in quel di Firenze.

Perché sedizione liberale?

Perché alla rivoluzione liberale non ci crediamo più. L’abbiamo sentita evocare nel corso degli ultimi vent’anni dai palchi più autorevoli e da quelli più improbabili, da destra, dal centro e perfino da sinistra, ma, passata l’euforia di un applauso, di risultati concreti ne sono rimasti pochi, giusto gli spiccioli. Al contrario abbiamo visto snodarsi, giorno dopo giorno, governo dopo governo, alternanza dopo alternanza, la più ineluttabile determinata e fantasiosa rivoluzione illiberale che i paesi più sviluppati abbiano conosciuto. E i tempi sono stati segnati dal costante aumento delle tasse sulle persone fisiche e sulle imprese, dalla distruttiva esondazione del debito pubblico, dall’espansione della politica fuori dai suoi confini, dal costituirsi delle funzioni pubbliche in casta, dalla parastatalizzazione inarrestabile e ipocrita della parte più arrembante della cosiddetta società civile.

E allora sedizione.

Non per preparare nuovi programmi di lotta politica liberale. Di quelli ne abbiamo a iosa. Ne escono tutti i giorni dagli editoriali o dai commenti dei maggiori quotidiani nazionali. Sono stampati in libri molteplici e preziosi, ultimo il sintetico breviario liberista giustamente intitolato “Sudditi”. Scorrono lungo innumerevoli siti di fondazioni, think tank, blog individuali e collettivi. Non c’è mai stato tanto liberismo nelle reti di comunicazione sociale e tanta impotenza liberale nei luoghi della decisione politica.

Noi ci proclamiamo sediziosi. Né rivoluzionari né apoti. Sediziosi. Vogliamo vedere le carte. Vogliamo giocare la partita vera. Quella dove conta più il carattere delle decisioni che la sincerità delle intenzioni. Al diavolo i corrotti e al diavolo gli onesti, se alla fine il loro comune segno distintivo è l’incapacità.

Le priorità.

La prima è decisiva. Senza lottare per questa inutile andare a leggere le altre. Non c’è democrazia liberale senza partiti. Ma non c’è dittatura senza partiti. Vogliamo che i candidati alle elezioni vengano scelti attraverso primarie all’americana, sequenziali, protratte nel tempo per attraversare i luoghi, per far conoscere i contenuti e le proposte ma soprattutto per misurare il coraggio, la determinazione, il carattere di chi si propone. Primarie di conoscenza, non di ratifica. I partiti degli iscritti, dei gruppi dirigenti, dei vertici, dei congressi veri o, quasi sempre finti, sono i partiti dello statalismo, dell’intermediazione politica, delle società partecipate statali regionali provinciali comunali, dei consigli di amministrazione, delle poltrone, poltroncine, strapuntini. Hanno bisogno di tassare col fisco chi produce, di tartassare colla burocrazia chi lavora, di assorbire direttamente o indirettamente indefinite risorse pubbliche, di mantenere in vita carrozzoni arrugginiti, di ingravidare senza soluzione di continuità la bestia statalista. Si possono autodefinire come vogliono, liberali, democratici, sociali, conservatori, progressisti ma sempre e solo una cosa saranno e sono stati. I partiti dello statalismo. Vogliamo i partiti degli elettori. Ci si guardi intorno nel mondo, si scoprirà facilmente come sono fatti. E si confronti l’indice della competitività, della libertà economica e della corruzione di quei paesi col nostro.

E poi certo, le priorità politiche. Ma, ripetiamo, con l’avvertenza che se non intendete cambiare la natura dei partiti italiani leggere il seguito è è perfettamente inutile. Fatelo pure se vi piace, ma sarà come entrare in un videogioco, che si apre su mondo virtuale insensato e vanesio.

Dunque le altre priorità.

Economia:

Riduzione delle tasse, dello stato, della spesa pubblica. Drastica riduzione di ogni interventismo pubblico, dei vincoli e delle procedure burocratiche di ostacolo alla competitività, alla concorrenza e alla crescita delle imprese.

Come si fa? Si sa, basta andare in libreria, su internet o oltre la dogana di Chiasso.

Istituzioni:

Abolizione del bicameralismo, rafforzamento dei poteri decisionali del leader eletto e di controllo Parlamento. Come si fa? Si sa. Basta decidere. Ecco.

Giustizia:

Rafforzamento delle garanzie dei cittadini, riforma del Csm con introduzione del sorteggio per la sua composizione, separazione delle carriere, pene alternative al carcere. Riforma della giustizia civile per tempi rapidi e certi. Come si fa, si sa. Basta chiedere al ministero della giustizia di tirar fuori i progetti delle commissioni ministeriali. Cibo per tarme fino ad oggi. Potremmo continuare all’infinito. Ma all’Italia fino ad oggi questo è mancato, un partito e un leader che le soluzioni liberali, richieste dalla stragrande maggioranza della parte attiva e civile della cittadinanza, vogliano finalmente mettere in pratica. Il tempo dell’attesa, lo capiscono tutti, è finito. La rivoluzione liberale come si fa, si sa.


di Redazione