martedì 3 luglio 2012
Che cosa si fa quando il computer si blocca, il cursore non si muove e l’intero meccanismo informatico è impallato? Semplice: si ricorre al pulsante reset, si libera momentaneamente la memoria dalle applicazioni in corso, si riavvia l’accensione. E così, a seguito di questo particolare procedimento, il computer ritorna a funzionare meglio di prima. Come se il sistema, rimasto bloccato, avesse bisogno di essere alleggerito dalla pesantezza dei programmi aperti e delle applicazioni in corso per rimettersi in moto e riprendere ad agire come nuovo. Ogni tanto, infatti, l’accortezza è quella di ricordarsi di “salvare” prima (e in tempo) tutti quei documenti che, qualora fosse necessario “resettare” il computer, rischieremmo di perdere.
La stessa cosa vale, oggi, per il sistema della giustizia, cioè per la vita stessa del nostro stato, e per lo stato di diritto. La via d’uscita da questa situazione c’è. Si chiama “amnistia” e l’ha proposta Marco Pannella. Infatti, il meccanismo di funzionamento della giustizia italiana è bloccato, è ormai al collasso. Almeno questa evidenza non si può negare: lo vivono sulla propria pelle i cittadini, lo ripetono fino alla nausea anche i magistrati. Eppure, il labirinto della partitocrazia ha imprigionato i cittadini e i partiti stessi dentro una logica che impedisce di trovare la strada per venirne fuori. È la logica della “ragion di Stato” giocata contro il “senso dello Stato”.
Il cambiamento potrebbe dipendere dalla forza che sapremo imprimere alla nostra capacità di avere un po’ più di fiducia in noi stessi e negli altri, nella possibilità di discutere apertamente e senza pregiudizi la proposta di amnistia attraverso un contraddittorio che possa essere conosciuto dal maggior numero di persone. Il cambiamento potrebbe dipendere, insomma, dalla nostra capacità di saper “resettare” un sistema che non va e che ha bisogno di essere riavviato. Perché siamo bloccati dentro un labirinto, come accadrebbe soltanto in un racconto di Italo Calvino. La crisi della politica e la crisi della giustizia mostrano, in modo inequivocabile, la gravissima crisi della democrazia e dello stato di diritto.
Per questa ragione, Marco Pannella e i Radicali continuano a ripetere che l’amnistia è l’unica, possibile riforma strutturale per riavviare il funzionamento della giustizia e dell’intero sistema giudiziario, di cui i detenuti e il sovraffollamento delle carceri sono e rappresentano un corollario, un’appendice. Anche se fondamentale. Insomma, la proposta di un’amnistia per la repubblica ha l’obiettivo di creare le condizioni minime per la riforma strutturale della giustizia e il rientro nella legalità costituzionale, europea, internazionale. L’iniziativa non violenta di Pannella, in altre parole, è volta ad interrompere le gravissime flagranze criminali dello stato nel campo dei diritti umani. E non basta: l’amnistia ha lo scopo di restituire ai magistrati la loro possibilità di svolgere il difficile compito a cui sono chiamati e che oggi appare sempre più come un compito improbo.
E non basta: l’amnistia e l’indulto, per cui lottano i Radicali, ha l’obiettivo di sbloccare il sistema della giustizia italiana dal peso di un meccanismo impallato, giunto al collasso e, perciò, trasformatosi nel suo contrario, in un meccanismo d’ingiustizia e di malagiustizia, di negazione dello stato di diritto.
di Pier Paolo Segneri