Musso: «Basta tasse, puntare sulla crescita»

martedì 26 giugno 2012


«La sfiducia nella politica è grande anche sotto la Lanterna. A Genova sono state le elezioni dell’astensionismo e della sfiducia nel vecchio sistema». La pensa così Enrico Musso, candidato del Terzo Polo sconfitto al ballottaggio nella corsa a sindaco di Genova. Che oggi riflette su quel risultato e sulla situazione politica. 

«Come ha titolato il Secolo XIX il giorno dopo il voto - spiega Enrico Musso - “Tutto fuorché i partiti”, questa è la sintesi dell’analisi del voto genovese. È stato eletto sindaco Marco Doria che, non attivo in politica da anni, si è presentato con Sinistra e Libertà, il movimento alternativo alla vecchia sinistra guidato da Vendola. Ma il senso di “ribellione ai partiti” è il dato più evidente di tutti i risultati. Il successo della mia lista civica, quello dei grillini, finiti terzi appena sotto di noi, e di altre candidature civiche o di protesta hanno eroso il consenso dei due ormai ex-grandi partiti.

E lei perché ha deciso di correre con una lista civica senza l’appoggio dei partiti?
L’idea è nata dalla Fondazione Oltremare, che abbiamo fondato circa due anni fa insieme ad  alcune centinaia di genovesi desiderosi di “reimpadronirsi” della politica, perché la politica è, alla fine, il nostro futuro. Queste persone, insieme, hanno messo in campo competenza tecnica, entusiasmo, “visione” di governo, e persino capacità finanziarie maggiori di quelle dei partiti tradizionali, dai quali sempre meno i cittadini, e soprattutto i giovani, si aspettano la risoluzione dei loro problemi.

Anche a livello nazionale, siamo alla decomposizione del quadro politico preesistente.
I partiti non hanno più alcuna capacità di fornire risposte ai problemi concreti dei cittadini e delle imprese. La velocità di cambiamento della società guarda alla cristallizzazione della politica come ad un vecchio maniero che non ospita più nulla di vitale. Il Novecento ha lasciato anche nobili scuole, ma non ha predisposto il laboratorio adatto alle sfide del presente.

Come si può costruire una piattaforma politica che valorizzi davvero il merito?
Prima di tutto con il consenso, cioè facendo davvero capire che valorizzare il merito conviene a tutti. Ai giovani, che tornerebbero ad avere prospettive di lavoro adeguate e proporzionali alle loro capacità e al loro impegno. Alle imprese, che tornerebbero ad operare in un ambiente davvero concorrenziale, senza subire il danno dei tanti monopoli e rendite di posizione. Ai cittadini, che godrebbero di servizi migliori a costi più bassi.

In termini di lotta agli sprechi e ai privilegi della classe politica, da dove inizierebbe?
Dalla trasparenza. Molti sprechi inauditi per ampiezza e stupidità, e molti piccoli e grandi privilegi delle varie “caste” vanno avanti da sempre perché i cittadini non ne sanno nulla. Ora che l’attenzione si è puntata sui privilegi dei politici, questi si sono almeno in parte ridotti. Ma restano ampie sacche di spreco in altri settori della pubblica amministrazione.

C’è un problema generale di metodo, rispetto ai vecchi partiti: democrazia interna, finanziamento pubblico, mandati illimitati per i parlamentari e occupazione di posti di potere sono problemi veri.
Ha sempre fatto comodo ai politici non stabilire per legge le regole di funzionamento dei partiti. Con i disastri che ne conseguono: totale opacità su dove finiscono i finanziamenti pubblici, mancanza di partecipazione e di meritocrazia nel selezionare i candidati e la classe dirigente dei partiti, “cronicizzazione” dei mandati politici che diventano vere e proprie “carriere”, per persone che in tutta la vita non fanno mai un lavoro vero né un euro di valore aggiunto.

Ha votato la fiducia a Monti. Le piace tutto di questo governo?
Certo che no. Il “governo tecnico” ha fatto molti errori tecnici, e politicamente non è riuscito ad essere abbastanza autonomo dai veti incrociati dei partiti che lo sostengono. E soprattutto non ha saputo rovesciare il vecchio metodo: prima una bordata di tasse, poi una pioggerella di contentini sotto forma di aiuti ed erogazioni non sempre efficaci. Bisognava invece capovolgere questa logica: meno spese, meno incentivi, e infine meno tasse.

Sulla crescita dunque si può fare di più. Lei su cosa punterebbe?
Sul liberare le energie e i capitali privati. Prima di tutto con una seria e reale deburocratizzazione, per evitare che gli imprenditori dedichino due terzi del loro tempo agli adempimenti di legge e un terzo a sviluppare il loro business. E poi con la certezza delle regole e dei tempi della giustizia civile: oggi nessuno investe in Italia perché qualunque contenzioso blocca gli investimenti per anni e manda a bagno qualunque progetto imprenditoriale.

Lei è tra i firmatari di un ddl che istituisce l’Agenzia delle Uscite. Qual è l’obiettivo?
La revisione analitica della spesa, soprattutto di quella corrente, per la quale esistono talvolta ossessivi controlli di legittimità, che si traducono in sempre maggiore burocrazia, ma nessun controllo di merito e di efficacia e alla fine in nessuna significativa riduzione di spesa. E naturalmente il controllo e il contrasto alle tuttora ingenti sacche di corruzione che favoriscono la crescita della spesa pubblica complessiva.

Questa legislatura ha fatto alcune riforme, ma altre, proprio in senso liberale, vanno ancora affrontate. Ce ne dice una?
Ne avrei molte, non una. Tre giorni fa la Cgia di Mestre ha diffuso i dati di mortalità delle imprese italiane: muoiono 1626 imprese al giorno. Soffocano sotto troppe tasse e troppa burocrazia, con quaranta – dico quaranta – adempimenti scritti ciascuna per iniziare l’attività. Vorrei che un’impresa si potesse creare in un giorno solo e con un solo clic, online. Vorrei un time limit prefissato per il giudizio delle cause civili, i cui tempi lunghi penalizzano l’impresa. Vorrei un sistema di trasparenza e di valutazione curriculare aperta relativo a tutti gli incarichi e le nomine pubbliche.

Idee ambiziose. Poi, su tutto, vanno fatti i conti con l’Europa.
L’Europa vuol dire opportunità, non limitazioni. In Europa ci sono tutti i modelli, i benchmark da cui prendere spunto per rilanciare la crescita. Dobbiamo fare sinergia con i nostri partner, adeguare la nostra competitività per proiettarci verso i mercati, anziché giocare sempre e solo in difesa.

A proposito, dopodomani si gioca Italia-Germania. Come finirà?
Se lo chiede a me, che punto tutto sul merito, c’è una risposta sola. Vincerà il migliore.


di Carlo Marrone