venerdì 22 giugno 2012
Caro direttore, ho letto con notevole disappunto e delusione l’articolo di Federico Punzi. Nell’articolo si leggono situazioni non conformi al vero e solo parziali che inducono ad una opinione diversa dalla reale situazione di chi si è trovato a subire il repentino cambio delle regole. Ci sono persone licenziate per causa oggettiva o che hanno perso il lavoro per fallimento dell’azienda e si stanno pagando i contributi volontari con il Tfr avuto dal fondo di garanzia dell’Inps perché l’azienda per cui lavoravano è fallita! Eppure da disoccupati, nonostante raggiungano i 40 anni di contribuzione con la volontaria (pagando da oltre 1 anno!) nel 2012, non rientrano nei 65.000! Perché? Che dire allora dei lavoratori in mobilità, salvaguardati dal ministro, che matureranno anche fra 4 anni? Da notare che i mobilitati a differenza dei contributori volontari, continuamente inglobati dai media negli esodati, percepiscono una indennità e hanno i contributi figurativi validi per la pensione. Ecco come il sistema “Italia” discrimina tra lavoratori di grande aziende e di piccole realtà. Un ex lavoratore precoce, disoccupato dopo 39 anni di lavoro ininterrotto, contributore volontario per raggiungere i 40 anni ad agosto 2012 e non salvaguardato! (g.d. - Padova)
RISPOSTA. Pur non potendo per limiti di spazio scendere nei particolari, nell’articolo si distingue correttamente tra le diverse situazioni. Che si usufruisca di un incentivo all’esodo o di una qualche forma di sussidio, si tratta comunque di ex lavoratori che mantenendo pressoché invariato il loro reddito fino all’effettiva maturazione della pensione ottengono di fatto un prepensionamento. Sono privilegiati rispetto a chi dovrà continuare a lavorare fino ai nuovi termini introdotti con la riforma. Evidente, poi, l’uso distorto del sussidio che dovrebbe accompagnare al ricollocamento e non alla pensione. Nell’articolo si distingue tra esodati e disoccupati. Per questi ultimi dovrebbe porsi un problema di welfare, non di previdenza. Mai si sostiene che gli uni o gli altri debbano essere abbandonati al loro destino, ma che non si possono salvaguardare tutti, perché significherebbe svuotare la riforma delle pensioni. Rispetto al caso dei “contributori volontari”, che sottopone alla nostra attenzione, tra i 65.000 “salvaguardati” risultano anche 10.250 ex lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione con provvedimento Inps precedente al 4 dicembre 2011 e che con le vecchie regole avrebbero raggiunto la pensione nei 24 mesi successivi all’entrata in vigore della riforma, cioè nel 2012 e nel 2013. Tra i nuovi “salvaguardati” dovrebbero essere inclusi anche 7.400 contributori volontari che avrebbero raggiunto la pensione nel 2014. Sembra un criterio di buon senso quello dei 2 anni di prossimità alla pensione dall’entrata in vigore della riforma, tenendo conto che non si tratta di “diritti acquisiti”, ma di semplici aspettative, per quanto comprensibili. Per chi anche con le vecchie regole non era poi così vicino alla pensione (più di 2 anni), la soluzione non può essere derogare alla riforma, ma aiutarlo a rientrare nel mercato del lavoro. (f.p.)
di Lettera firmata