mercoledì 20 giugno 2012
L’esposizione delle banche europee verso il debito sovrano italiano è pari a 161,6 miliardi, mentre l’esposizione complessiva verso i Giips (Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna) ammonta a 293,2 miliardi di euro (salgono a 303 miliardi al lordo delle coperture): le cifre vengono evidenziate nel rapporto R&S Mediobanca. Secondo quest’ultimo, le svalutazioni sui titoli greci hanno comportato finora oneri per oltre 21 miliardi di euro. Va aggiunto che il 40% del debito pubblico italiano è in mano a banche e investitori esteri: emerge dal rapporto dell’Associazione delle banche estere in Italia sul 2011, presentato ieri mattina presso la sede di Piazza Affari.
Le cifre saranno al centro del vertice dei 17 leader della zona euro, che si terrà il 29 giugno a Bruxelles: l’indicazione, contenuta nell’agenda dei lavori preparatori, è stata confermata da diverse fonti, la riunione dovrebbe servire per mettere a punto i prossimi passi per un’integrazione bancaria e fiscale della zona dell’euro. Intanto, per colpa dei paesi “poveri” della zona euro, lo spread continua a mantenersi oltre i 400: la luna di miele greca dell’euro è stata di breve durata. Lo sottolinea il Financial Times, mettendo in evidenza che il voto greco non significa che l’Europa è fuori dai guai: «al contrario è sempre più chiaro che la Grecia non è più al centro del problema. Il destino dell’euro sarà deciso in Spagna e, soprattutto, in Italia». Coincidenza ha voluto saltasse anche il vertice tra i leader Ue presenti al G20: sarebbe stata una serata messicana con il presidente Usa Barack Obama, al centro la crisi dell’eurozona, anche alla luce del voto in Grecia. Dietro il mancato appuntamento le tensioni tra le due sponde dell’Atlantico. Con una Merkel ancor più accerchiata dopo il voto in Grecia, perché non ha placato le turbolenze sui mercati.
L’impressione è che gli operatori finanziari, anche quelli più piccini, non vedano l’ora di tornare all’Europa delle vecchie divise (Lira, Marco, Franco, Dracma...). All’Europa che permetteva a tantissimi operatori di lavorare (lucrare) sull’oscillazione dei cambi. Una situazione più florida per il nostro saldo, basti pensare che da quando c’è l’euro sono scemate le esportazioni del nostro manifatturiero verso Germania, Olanda, Belgio e Nord Europa in genere. Poi il cambio col Marco faceva vivacchiare soprattutto l’Europa “povera”. Converrebbe anche al Dollaro affacciarsi nella vecchia Europa fatta di tante divise e senza l’Euro della Merkel.
di Ruggiero Capone