martedì 12 giugno 2012
«L'incendio d'una settimana fa nel carcere milanese di San Vittore è stato drammatico, un evento che poteva avere conseguenze ben più gravi», ha detto iDonato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria. «La cosa grave è che tutti o quasi sapevano - aggiunge Capece - dei pericoli derivanti della struttura prefabbricata dove si sono sprigionate le fiamme: adiacente la Sesta sezione detentiva, vi erano custodite bombolette di gas, carta e altro materiale altamente infiammabile. Il grave episodio di Milano - conclude il segretario del Sappe - conferma che nell'Amministrazione Penitenziaria manca una cultura della prevenzione, nonostante esistano precise disposizioni di legge».
In piena estate, incidenti come quello milanese potrebbero aumentare. Qualche addetto ai lavori ventila che, dopo la stagione dei suicidi, potrebbe riprendere quella delle rivolte carcerarie. Le condizioni disumane, la scarsissima qualità della vita, potrebbero indurre i detenuti nelle maggiori carceri italiane a tentare violente azioni di protesta, che in certi casi potrebbero sfociare in evasioni. Nonostante politici e vertici ministeriali siano a conoscenza del fortunale prossimo ad abbattersi sul sistema carcerario italiano, dalle Camere ancora stenta a farsi largo l'ipotesi d'una amnistia generale: unico provvedimento che alleggerirebbe le carceri dagli autori dei piccoli reati, permettendo una miglior cura di chi ha commesso delitti non amnistiabili.
Infatti, se vi fosse stata l'amnistia, probabilmente Mauro Foresi (detenuto a Montacuto per omicidio volontario della moglie, era affetto da patologie psichiatriche) non sarebbe stato ritrovato impiccato ieri mattina nel bagno del carcere di Ancora. «Questo è l'ennesimo episodio - dichiara Italo Tanoni, Garante regionale marchigiano dei detenuti - di una serie di fatti drammatici e luttuosi che dimostra l'urgenza di interventi per migliorare le condizioni di vita negli istituti penitenziari marchigiani. Il sovraffollamento delle carceri, accompagnato dal sottodimensionamento del personale penitenziario - continua Tanoni - rende la situazione insostenibile, la condizione di disagio dei detenuti s'amplifica quotidianamente». Per Foresi era d'obbligo la "sorveglianza particolare" della Penitenziaria: invece era detenuto in compagnia d'altri tre.
Il segretario regionale del Sappe, Aldo Di Giacomo, sta portando avanti da una ventina di giorni uno sciopero della fame per richiamare l'attenzione del mondo politico sulle condizioni di vita negli istituti di pena italiani. «Si continua a morire come se fosse una cosa normale. Quest'ultimo episodio - spiega Di Giacomo - dimostra come il mondo carcerario sia dimenticato». Di Giacomo oggi è a Montecitorio per tenere una conferenza stampa sul problema del sovraffollamento. Foresi non si sarebbe potuto impiccare se il "sistema filtro" avesse funzionato, ma il sovraffollamento non ha permesso l'uomo venisse osservato. Il caso anconetano segue a ruota quello d'un detenuto italiano di 38 anni, affetto da Hiv: è morto tre notti fa per arresto cardiaco in una cella del carcere di Genova Marassi, non è stato notato e così i soccorsi sono mancati. È ormai una corsa col tempo, e c'è da credere che le rivolte saranno più celeri dell'amnistia.
di Ruggiero Capone