Gli eccessi esecrabili della cultura laicista

giovedì 7 giugno 2012


«È più che mai urgente», ha affermato Mario Staderini, segretario di Radicali Italiani, «che lo stato Città del Vaticano venga liquidato e convertito in altro. Ne guadagnerebbero non solo la nostra repubblica, finalmente affrancata dal peso economico e civile ormai insostenibile, ma gli stessi cattolici».

Si tratta di una presa di posizione grave, soprattutto se pronunciata da un politico che si definisce laico. È indubbio che il Vaticano abbia incommensurabili responsabilità e che, in violazione persino un istituto come il concordato, continui imperterrito, nella pressoché corale genuflessione della classe politica, ad ingerire nella vita sociale contribuendo di fatto a ritardare, quando non ad ostacolare, la crescita civile del paese.

Ma cosa significa «liquidarlo e convertirlo in altro»? E come attuare tale proposito? Rispedendo i vertici ecclesiastici ad Avignone oppure rispolverando una riedizione delle leggi Siccardi? I Radicali hanno sempre avuto il merito di sottolineare l'importanza della "questione vaticana" nel nostro paese, il problema comportato cioè dall'anomalia di uno stato all'interno di un altro Stato con tanto di benefici e  privilegi assicurati al primo dal secondo (dall'otto per mille all'immissione in ruolo degli insegnanti di religione, nominati unilateralmente dai vescovi ma pagati dallo stato). Certo è, però, che come va fermamente respinta qualsiasi intromissione vaticana nelle questioni dello stato italiano, allo stesso modo bisogna evitare di cadere in eccessi di segno uguale e contrario, come quello di uno stato che decidesse improvvisamente, in modo del tutto illiberale e antiliberale, di decretare lo scioglimento di un altro.

A meno che non si voglia imitare quanto la Cina comunista ha fatto con il Tibet lamaista, con il pesante strascico, anche in termini di sangue, che ne è scaturito. Non crediamo che Staderini lo voglia. Sicuramente la sua è stata un'uscita un po' avventata, frettolosa, "alla Beppe Grillo" per intenderci. Anche se motivata, ne avremmo fatto, comunque, volentieri a meno.


di Francesco Pullia