Il programma di Grillo? Troppo fumoso

martedì 5 giugno 2012


Il dibattito pubblico in Italia, nell'era del governo tecnico e con i partiti obbligati dalle circostanze a ritrarsi dall'ambito delle istituzioni dove si assumo le decisioni, è dominato dalla aspra contrapposizione tra politica ed antipolitica. La politica, mentre volge alla fine l'epoca della Seconda repubblica e all'orizzonte si profila la nascita di nuovi soggetti in grado di esprimere una autentica cultura di governo, si limita a formulare proposte che, visto il tempo a disposizione prima della scadenza della legislatura nel 2013, sono destinate a rimanere confinate nel libro dei sogni.

Il presidente Berlusconi, considerata la paralisi decisionale di cui sono prigionieri tutti i partiti presenti in Parlamento, ha avanzato la proposta di dar vita ad una repubblica presidenziale con un sistema elettorale a doppio turno, sicchè si avrebbe, come è avvenuto in Francia, la selezione di una classe dirigente capace ed autorevole con il libero voto dei cittadini, e un potere esecutivo legittimato dal consenso e posto in condizione di governare. La sinistra, divisa tra le sue molte anime, quella riformista di Bersani e quella antagonista e giustizialista di Vendola e Di Pietro, invoca la necessità di abolire la legge elettorale vigente, indecente ed indifendibile, che non prevede per l'elettore la possibilità di scegliere i propri rappresentanti, e di fatto consente la formazione di un Parlamento di nominati. L'antipolitica, come ha rivelato e confermato il recente voto amministrativo, ha dato vita a due diverse manifestazioni, entrambe fonte di preoccupazioni per chi ha responsabilità nella vita pubblica.

Il partito dell'astensione, di chi ripudia la politica perché è deluso e disgustato dalla prove di governo mediocri di entrambi gli schieramenti, durante la Seconda repubblica, e l'affermazione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, il comico che si è trasformato in un capo popolo, che con accenti e toni esagitati e roboanti contesta il sistema dei partiti tradizionale. Proprio Beppe Grillo la scorsa settimana ha rilasciato una intervista al settimanale Sette del Corriere della Sera, nella quale, conversando con Gian Antonio Stella, ha esposto e formulato le sue proposte. In primo luogo per Grillo, occorre condannare i politici che abbiano sottratto denaro alla comunità a causa della dilagante corruzione, alla restituzione del maltolto e ai lavori socialmente utili. Proposta la cui intonazione ricorda le forsennate e intransigenti invettive giustizialiste di Travaglio. Grillo, tuttavia - e su questo punto specifico dimostra i suoi limiti culturali - nulla dice sul rapporto e l'intreccio tra politica, economia e pubblica amministrazione, su cui uno studioso come Panebianco ha posto l'accento, individuando in questo aspetto l'anomalia italiana, che facilita i fenomeni multiformi della corruzione. Per Grillo i partiti sono inutili e dovrebbero essere sostituiti da una comunità che nella rete si costituisce per elaborare le proprie proposte ed i propri programmi, creando le premesse per quella che lui chiama la "iper-Democrazia", mai esistita in nessuna epoca del mondo moderno.

Tuttavia non c'è nell'intervista nessun accenno alla cultura liberaldemocratica, che presuppone la presenza dei partiti per rendere possibile la partecipazione democratica dei cittadini. È immaginabile una democrazia senza partiti, pur riconoscendo che quelli attualmente esistenti debbano essere profondamente rinnovati e rigenerati? Per Grillo occorre passare ad un modello di sviluppo che sia sostenibile e compatibile con l'ambiente, mediante la produzione delle energie rinnovabili. Chi sta seguendo sui giornali la campagna elettorale di Obama negli Usa, sa che questo processo è già in atto. Infatti, in luogo delle vecchie industrie, delocalizzate in India e Cina, negli Usa sono nate imprese che producono apparati per generare le energie rinnovabili. Grillo su questo non ha detto nulla di nuovo. In realtà, a parte la veemenza della sua contestazione sui partiti, di grandi idee non pare che il comico genovese sia in grado di offrirne alla pubblica opinione italiana. Addirittura, tra le tante corbellerie che ha pronunciato recentemente, quella più assurda ed indifendibile riguarda la necessità di uscire dal sistema della moneta unica, ripetendo in malo modo le tesi del grande economista americano Paul Krugman. Nella stessa intervista ha dichiarato che il suo compito consiste nel favorire il ricambio della classe dirigente italiana, portando nelle istituzioni giovani colti e preparati, laureati ed abituati a leggere e a studiare per comprendere la complessità della realtà contemporanea.

Questo, forse, è l'unico proposito sensato che Grillo sta perseguendo. Per questo motivo, i partiti, in questa fase di transizione, se vogliono recuperare un rapporto con la pubblica opinione ed impedire che il movimento cinque stelle continui ad interpretare il sentimento della contestazione verso la politica tradizionale, debbono aprirsi alla società civile, selezionare un nuovo ceto dirigente in base al merito e non alla cooptazione, come è avvenuto finora, dialogare con le personalità della cultura che pure ci sono nel nostro grande paese. In tal modo i partiti sapranno proporre una nuova offerta politica ed una visione innovativa del bene comune. In caso contrario, la prossima volta, al di là della legge elettorale con cui si voterà, avremo un Parlamento ingovernabile ed una situazione difficile nella vita pubblica italiana.   


di Giuseppe Talarico