venerdì 1 giugno 2012
Non conta quanti gradi segni il termometro, né che giorno della settimana sia: è il 31 maggio e siamo alle "Considerazioni Finali". Come ogni anno, il governatore della Banca d'Italia parla all'assemblea radunata a Palazzo Koch. Ignazio Visco è chiaro: «Per l'Italia il 2012 non potrà che essere un anno di recessione per le incertezze finanziarie e le drastiche, pur se indispensabili, misure di correzione del bilancio pubblico».
Si rivolge al governo, ai politici, alle banche, alle parti sociali, alla gente tenendo lo sguardo sull'Europa. Ce n'è per tutti. Monti e i suoi hanno fatto bene i conti, «hanno messo il bilancio pubblico su una dinamica sostenibile» afferma, ma ora non basta più. La pressione fiscale raggiunge picchi mai visti, «non compatibili con una crescita sostenuta». I sacrifici richiesti dai tecnici non possono durare in eterno. Allora bisogna tagliare ancora e meglio in nome dell'equità, ridimensionare il fisco, «rimuovere le inefficienze dell'azione pubblica, semplificare i processi decisionali, contenere gli oneri amministrativi. I margini disponibili per ridurre il debito anche con la dismissione di attività in mano pubblica vanno utilizzati pienamente». L'impegno di chi fa politica oggi «dev'essere sfoltire e razionalizzare le norme, non far salire la spesa pubblica complessiva».
Anche le banche devono fare la loro parte, iniziando dai consigli di amministrazione troppo affollati e costosi. Tagliare anche lì. Decurtare i costi, in particolare quelli del lavoro, con una riduzione dei compensi per i top manager. «La gestione delle banche deve essere corretta e ove emergano incongruenze devono essere cambiati i vertici e deve essere avviata la collaborazione con l'autorità giudiziaria». Poi si concentra sui numeri e sul deficit che «nel 2012 resterà al di sotto del 3%, continuando a scendere nel 2013». A quel punto saremo vicini al pareggio: il rapporto debito/pil inizierà a ridursi.
Visco cattura gli auditori. Usa parole trafugate dai discorsi obamiani. Invita la politica a coltivare la speranza, garantendo la prospettiva di un rinnovamento profondo e intanto cerca di convincere la società civile a guardare in faccia la nuova realtà e a non farsi illusioni. Il testo della relazione è chiaro: la ripresa ci sarà, ma serve più Europa. Per Bankitalia il rilancio dell'economia è direttamente proporzionale «all'efficacia degli interventi comunitari volti a migliorare l'utilizzo delle risorse pubbliche e private. A quanto più chiara e decisa sarà la coesione mostrata da Bruxelles». Le autorità nazionali sono decisive per il rilancio, ma il numero uno di Palazzo Koch ricorda che i processi decisionali dell'Ue sono ancora lenti, farraginosi e che serve un cambio di passo.
Parla di euro, di mercato e di «squilibri che rischiano oggi di mettere a repentaglio la nostra economia. «Si avverte la mancanza di fondamentali caratteristiche di una federazione di stati: processi decisionali che favoriscano l'adozione di politiche lungimiranti nell'interesse generale. Risorse pubbliche comuni per la stabilità finanziaria, regole davvero condivise e azioni concordate sulle banche». È qui che si gioca la grande partita. Anche la Camusso è d'accordo, ma lamenta «poca incisività sui temi caldi». Sarà che l'unica temperatura che conta oggi, è quella dell'economia.
di Michele Di Lollo