giovedì 31 maggio 2012
«Siamo tornati al vecchio schema: invece di rispondere guardando al merito e alla sostanza delle proposte, si preferisce attaccare in modo sterile chi fa la proposta stessa ». Così Simone Baldelli, quarantenne deputato del Popolo della libertà, commenta il no opposto da Pierluigi Bersani alla proposta di riforma presidenzialista avanzata dai vertici degli azzurri. Forzista dalla seconda metà degli anni '90, ex leader del movimento giovanile della prima creatura del Cavaliere, Baldelli teme di ripiombare in quella dialettica pretestuosa che per quindici anni ha reso impossibile qualunque tipo di dialogo tra centrodestra e centrosinistra.
Dunque non se ne farà nulla?
Se c'è la volontà politica da parte del Parlamento,
l'obbiettivo di portare a termine la riforma costituzionale entro
la legislatura è praticabile. Per adesso non è confortante vedere
che ad una proposta di contenuto si risponde con argomenti nei
quali sembra prevalere la solita vecchia pregiudiziale
anti-berlusconiana.
C'è la possibilità che le altre forze politiche
stemperino una posizione fino ad oggi seccamente negativa?
Me lo auguro. Chi è chiamato a rispondere alla nostra
proposta farebbe bene a domandarsi semplicemente se vuole che la
prossima campagna elettorale nazionale sia simile a quella della
Grecia o a quella della Francia.
Avremo un presidente della Repubblica dai poteri
rafforzati?
Di fatto negli ultimi anni la figura del capo dello Stato
è divenuta il baricentro della vita politica italiana. Il
Quirinale, già con la Costituzione vigente, ha una serie di poteri
e prerogative che lo rendono molto simile al presidente della
repubblica francese. Si può poi discutere su ulteriori ampliamenti
di tali poteri, nel senso di andare verso un ruolo diretto di
governo, ma la vera novità della proposta, a mio avviso, è
nell'elezione diretta da parte dei cittadini.
Un presidente che dovrebbe venire eletto con il doppio
turno. Non temete che penalizzi il centrodestra?
Non vedo perché il doppio turno debba penalizzare il
centrodestra. Chi sostiene questa tesi si basa su alcune esperienze
amministrative che poco hanno a che vedere con l'ipotesi del voto
politico per l'elezione del Capo dello stato.
Proposta valida anche per l'elezione dei deputati?
Il modello elettorale per l'elezione del Parlamento è un
elemento importante, ma secondario rispetto alla proposta
principale.
Ma nel clima che si respira nel paese occorrerà
modificare il Porcellum e le sue liste bloccate.
I sistemi elettorali servono a trasformare i voti in
seggi e non sono di per sé buoni o cattivi. L'attuale legge
elettorale è stata utilizzata come capro espiatorio da molti
soggetti politici, ma cambiarla non risolve il problema della
selezione della classe dirigente. In Italia abbiamo oltre venti
sistemi elettorali diversi, a seconda del tipo di elezioni. Quello
per la Camera e quello per il Senato sono solo due tra tanti.
Qualunque sia la legge elettorale, il Pdl si presenterà
agli elettori con un nuovo soggetto che si richiami al Partito
popolare europeo?
Noi ci muoviamo all'interno della famiglia del Ppe. A
livello europeo resta aperta ancora una partita molto importante
sul tema dell'uscita dalla crisi e del ruolo che le istituzioni
europee in questo senso debbano svolgere. In questo quadro assume
un ruolo centrale il progetto federativo lanciato da Alfano.
Si dice Ppe, si pensa a Casini quale interlocutore
naturale.
L'Udc fa parte della famiglia del Ppe ed è naturale che
sia un interlocutore, ma non vorrei che l'attenzione dei media si
riversasse maggiormente sulla geografia politica e sulle alleanze,
rispetto al contenuto del programma e alle cose da fare. La
priorità è l'uscita dalla crisi e il rilancio del paese, per il
resto… se son rose fioriranno.
di Pietro Salvatori