Monti, i giovani e lo stato minimo

sabato 26 maggio 2012


Francamente mi lascia molto perplesso l'uscita del premier Monti nel corso del Forum nazionale dei giovani tenutosi a Roma. Egli ha sostanzialmente promesso alla nuove generazioni che molto presto porterà in Consiglio dei ministri la cosiddetta riforma del merito. A suo parere, infatti, sarà possibile introdurre la meritocrazia in tutti i passaggi più importanti che regolano la formazione e l'inserimento nella società dei nuovi venuti. 

Ora, che io sappia, non mi risulta che sia mai stato possibile imporre questa sorta di categoria dello spirito per decreto legge, così come per tante illusorie pretese di chi ritiene che la politica abbia la facoltà di realizzare qualunque obiettivo si consideri democraticamente desiderabile. Semmai, se proprio vogliamo essere franchi, la strada burocratica consente di attribuire, con molta discrezionalità, vantaggi e privilegi a chi possiede tutta una serie di "meriti" ben poco nobili, basati generalmente sulla parentela, l'amicizia, l'affiliazione, la convenienza ed altre categorie similari. D'altro canto, come ha molto sagacemente scritto il grande Friedrich von Hayek, in una moderna società fondata sulla libertà economica, più che il merito è l'abilità dei più bravi che consente, nell'ambito di regole civili condivise, di guadagnare posizioni nella scala sociale. E da questo punto di vista, solo all'interno di una cornice  fortemente orientata verso il mercato e la concorrenza risulta possibile realizzare le condizioni affinchè i migliori in un certo campo riescano a far valere le proprie attitudini e competenze. Da qui discende l'esigenza liberale di uno stato minimo, in cui chi esercita il potere politico limiti la sua azione ad un ruolo di arbitro delle regole del gioco, lasciando che sia la tanto bistrattata legge della domanda e dell'offerta a permettere a tanti giovani di inserirsi con impegno nel mondo del lavoro. 

Ma in realtà, ho l'impressione che questa balzana idea di introdurre il merito per decreto legge rappresenti l'ennesimo cedimento montiano ad una certa demagogia collettivista, la quale si alimenta da sempre con molte analoghe illusioni. Una sinistra demagogia che vive perennemente nell'attesa di un governo onnipotente il quale, usando chissà quali leve di comando, riesca a realizzare il Paradiso in terra. Ma in questo modo, come l'esperienza insegna, si finisce sempre più nell'inferno del dirigismo burocratico.


di Claudio Romiti