domenica 20 maggio 2012
Gli Italiani, tutti ai Monti di pietà? Ci siamo quasi! Da alcune parti, le famiglie hanno già iniziato a portare ai Monti le lenzuola del corredo. I greci, per dire, già lo fanno. Un consiglio agli eredi dei Bronzi di Riace: chiedete di aderire al dollaro, convertendo all'istante tutti gli euro nella moneta di Obama. Perché l'operazione funzioni, potreste dare in pegno agli Usa per un secolo la metà delle vostre splendide isolette. Vedrete che gli americani ci staranno: vi manderanno milioni di turisti e faranno stazionare in quelle splendide insenature le loro navi da guerra. Tanto lo sapevamo da tempo che la terza guerra mondiale sembra essere stata vinta alla grande dalla valuta americana. Il suo segreto? Banale: la Fed non deve fare altro che ordinare alla tipografia di stato di stampare dollari autentici, per neutralizzare la speculazione internazionale!
Poi, ancora un passo successivo, che consiglierei vivamente ad Atene: federarsi con gli Usa. La prima, ovvia riflessione riguarda la mancanza di "campioni nazionali", che possano stare nella globalizzazione. La crisi di crescita, dell'Italia e delle nazioni in recessione della Ue è, innanzitutto, una crisi di produttività. In particolare, al nostro apparato industriale nazionale manca una Silicon Valley e un Mit che creino le necessarie sinergie tra alta formazione e ricerca avanzata. La piccola e la media impresa muore perché strangolata dal credit crunch e per altre ragioni sistemiche. In primo luogo, il basso valore aggiunto, in tecnologie avanzate, della relativa produzione che altrove, altri fanno a costi molto più ridotti. Secondariamente, un ulteriore fattore di declino è dovuto alla mancanza di appetibilità e alla scarsa remunerazione del lavoro offerto. Per trovare addetti, le imprese hanno fatto ricorso in grande stile alla risorsa immigrazione. Un altro fortissimo impedimento allo sviluppo è rappresentato dai fattori congiunti dell'alta tassazione, della mancanza di credito e dai gravi ritardi nei pagamenti delle forniture, sia verso privati, sia dallo Stato.
Conseguenza ovvia è che migliaia di aziende sono state costrette a chiudere i battenti o a fare fallimento. Alla media-grande impresa è andata anche peggio: quella che sopravvive delocalizza, a causa dell'alto costo del lavoro, di una fiscalità opprimente e di una pubblica Amministrazione inefficiente che crea notevole intralcio allo sviluppo delle imprese. Ecco, tutto qua. Monti fallirà perché non può nemmeno provare a cambiare uno solo dei fattori di decrescita appena descritti. Sono in molti a chiedersi, allora, come abbia potuto -a pochi giorni dal suo insediamento- fare per decreto una riforma epocale delle pensioni, senza grandi proteste di piazza o spargimenti di sangue.
Semplice, conveniva a tutti. Un esempio: su mille che avevano maturato il diritto alla pensione, secondo i vecchi parametri, a costoro sarebbero subentrati soltanto cento (dato il blocco sostanziale dei turn-over e l'aumento significativo del tasso di disoccupazione) nuovi lavoratori, con un trattamento economico iniziale notevolmente inferiore a quello di chi andava in quiescenza. Sicché, sindacati e patronato hanno preferito mantenere al lavoro ancora per qualche anno i padri di famiglia, anziché far trovare disoccupati i loro figli da mantenere. Lapalissiano, non vi pare?
di Maurizio Bonanni