Liberali per uscire dalla crisi

venerdì 18 maggio 2012


Personalmente, osservo e vedo la storia politica recente della nazione da una prospettiva diversa da quella di Loris Facchinetti, giocata sulla divaricazione fra Gianfranco Fini e Pietrangelo Buttafuoco nell'evolvere della destra oltre il neofascismo, da Giorgio Almirante alla crisi del Popolo delle libertà ed al fallimento di Fli. 

Inforcando occhiali con una montatura più cavouriana, ma nostalgico solo della camicia rossa garibaldina, la mia prospettiva si affaccia dalle finestre del liberalismo italiano, pur non limitandosi alla spesso angusta vista che si godette da quelle vecchia sede del Partito liberale italiano in via Frattina, ma ad esempio anche mirando quella da Villa Miani durante i lavori della costituente di destra presieduta dal professor Ugo Papi. 

Ciò nonostante molte vedute coincidono, soprattutto la visuale goduta agli inizi degli anni Novanta del millenovecento e poi in questo nuvoloso inizio del ventunesimo secolo. Allora, nel 1994, ricapitolai la storia del Partito liberale italiano, dalla sua fondazione nel 1922 alla sua estinzione di allora, sotto il titolo "L'inverno liberale" in quanto vidi quella vicenda come il tentativo dei liberali, usciti stanchi dalla bella vicenda del Risorgimento conchiusasi a Vittorio Veneto, che fu il loro trionfo, di dotarsi d'una sorta d'arca di Noè per sopravvivere al diluvio della nazionalizzazione delle masse, del suffragio universale, del secolo totalitario, ideologico e partitocratico. 

Con la liberazione d'Europa grazie al crollo della churchilliana "cortina di ferro" vidi i liberali fatalmente uscire dall'arca, lasciata inglobare dai ghiacciai del monte Ararat della storia politica, per ritornare a vivere e militare fra cittadini d'uno stato libero democratico, a ragionare da liberi pensatori emancipati dalle ideologie, in un'Europa comunitaria che poteva allargare i suoi confini ad una unione tendenzialmente paneuropea, ed in un mondo globale per la condivisione di principi liberali. 

Oggi è evidente come quell'illusione ricordi la certezza sulle immancabili sorti e progressive dei lumi sull'oscurantismo, nel nascente ventesimo secolo celebrato dal Ballo Excelsior. Gli stati liberali hanno dovuto confrontarsi col più brutale comunismo capitalistico e schiavistico della Cina cosiddetta popolare, la globalizzazione dei mercati ha portato al dominio di ciò che, tra tutti i fattori della produzione, più può spostarsi liberamente, celermente e per via elettronica: il capitale finanziario. Che oltretutto, tramontata la convertibilità delle monete con l'oro, è diventato il dominio di valori meramente virtuali e, quindi, manipolabili con le emozioni umane. 

Ciò permette a scaltri privati, attraverso la truffa delle società di rating, di falsare i mercati finanziari con dichiarazioni ad effetto su ipotetici fallimenti d'imprese e stati. Guadagnando così ingenti capitali mandando a rotoli la produzione di beni e servizi. Arrivando a provocare il suicidio gli esseri umani, con la connivenza di governi "Quisling" ed esattori assassini. L'Unione europea, che ha tutti gli strumenti istituzionali per costruire una propria politica estera, militare ed economica di efficace contrasto, non li utilizza. 

Ad esempio perché una baronessina britannica e laburista si limita a tacere, ed in un Parlamento europeo in cui i partiti, anche e soprattutto quelli del centrodestra italiano, hanno collocato nani e ballerine - Parlamento che costrinse alle dimissioni Rocco Buttiglione per qualche battuta clericale - non s'è trovato nessuno che abbia proposto un voto di censura contro la signora Ashton. 

Con la conseguenza che l'Unione, una volta raggiunta la dimensione paneuropea, corre il rischio di sfaldarsi. Il terrore che gli esiti di questo mondo, così progredito, cagiona nelle masse islamiche e cristiane le spinge al fondamentalismo, e pulsioni illiberali sono alimentate, ufficialmente crollate le ideologie, dalla più macroscopica delle frodi ideologiche: l'idea che l'anarchia dei mercati ed il capitalismo anarchico abbiano qualcosa a che spartire col liberalismo. 

Non occorre essere degli eruditi per sapere che l'aggettivo "liberale" non qualifica una precisa dottrina politica, sociale ed economica, ma, di volta in volta, nella storia, istituzioni, dottrine, movimenti, sistemi morali ed economici che, di fatto, si adoperano al fine di ampliare la libertà dell'uomo nella comunità ed in società. 

Viceversa si dicono "illiberali" tutte ciò che restringa i poteri della volontà umana e creino situazioni dispotiche di dominio. Una stessa misura può essere liberale od illiberale a seconda delle circostanze storiche e politiche del momento. L'essere umano alla nascita è così debole da essere totalmente soggetto almeno alla madre od a chi se ne prenda cura, senza la quale soggezione non vivrebbe. 

La libertà la conquista per emancipazione, nella misura in cui il fisico, l'educazione, la cultura e l'ambiente naturale e sociale lo consentono, ed i diritti sono i poteri della volontà che sa affermare, ponendo sotto il dominio della volontà l'amore per sé e gli altri. Questa è la legge, della natura, della storia e della vita. È evidente come l'usurocrazia sia tutto, ma non liberale. Quanto alla democrazia kratos non significa "forma di governo" ma "forza", quindi "forza di popolo", concreta. 

Ne deriva che l'aggressione del potere finanziario all'economia di vita, alla produzione di beni e servizi per gli esseri umani e per appagare i loro diritti è, oggi, il nucleo della battaglia liberale, che può anche essere dura nei metodi, in quanto le rivoluzioni non si fanno con le buone maniere e coi grilli parlanti. Questo è il contributo che un liberale può, nel concreto storico, dare alla destra, dato che a sinistra vi sono troppe collusioni coi poteri illiberali. 

Ed anche per questo, per consentire alle diverse anime di unirsi in spirito, quindi nell'idea, presupposto alla volontà ed all'azione come direbbe Alfredo Oriani redivivo, forse anche per i liberali sarebbe meglio rifondare la destra come federazione di forze, e non come organizzazione aziendale unitaria. Questo, però, implicherebbe una sfida pei liberali: dotarsi d'un soggetto politico che non sia la parodia di Stefano De Luca od i salotti parlottanti di Beppe Basini.


di Riccardo Scarpa