La Lega perde l'Emilia Romagna

venerdì 18 maggio 2012


In politica tre anni fanno presto a trascorrere e a cambiare gli equilibri. Nel 2009 la Lega Nord varcava il Po, il fiume posto a confine tra la Padania e il resto d'Italia. Era stato aggirato e il movimento di Umberto Bossi era riuscito a prendere consistenza in Emilia - Romagna, mentre gli analisti politici spiegavano le ragione del successo, soffermandosi sulla capacità della Lega di raccogliere i consensi tra i delusi della sinistra, innervositi dal distacco della dirigenza dalla realtà quotidiana.

La conquista della provincia di Piacenza dove il candidato del Pdl, Massimo Trespidi, grazie al bottino degli alleati aveva vinto al primo turno. L'ottima performance a Parma per non parlare di Reggio Emilia, dove i cronisti giungevano per capire come il candidato leghista Angelo Alessandrini fosse arrivato ad ottenere il 18% dei consensi, posizionandosi secondo nell'ordine di arrivo. In media alle Regionali del2000 inEmilia la Lega aveva raggiunto a malapena il 3%, mentre tra alti e bassi con le Politiche del 2008 aveva toccato il 7,77%, prima di raggiungere l'11% alle Europee 2009 e addirittura il 13% alle Regionali del 2010: un secco +10% nel corso di una decade. La bandiera verde soltanto un anno fa sventolava anche su Bologna: il leghista Manes Bernardini candidato del centrodestra nella corsa al posto di sindaco (elezioni poi vinte dal democratico Virginio Merola con il 50,46%) e il partito che conquistò il 10% dei voti (+7% rispetto al 2009) e tre seggi in Consiglio.

Dal passato recente ad oggi: a Parma domenica e lunedì Vincenzo Bernazzoli del Partito democratico affronta ai ballottaggi Federico Pizzarotti del Movimento 5 stelle. Si parte dal 39,20% contro il 19,47% di due settimane fa e negli ambienti del centrosinistra si suda freddo: circolano sondaggi che danno Pizzarotti in testa. Lo scontro si fa sempre più duro ogni giorno che passa, il Pd ha pure accusato i grillini di mentire sui rimborsi elettorali. È una guerra all'ultimo voto, dalla quale sono rimasti fuori il centrodestra, travolto dagli scandali che hanno abbattuto la precedente amministrazione, e la Lega Nord. Le vicende di casa Bossi - da ieri padre e figli sono indagati per truffa allo Stato - e la disaffezione nei confronti del partito che avrebbe tradito il mandato dei propri elettori hanno lasciato il segno: Andrea Zorandi al primo turno si è fermato sotto il 3%.

Fuori dai giochi i leghisti, dentro le 5 stelle. I toni si assomigliano, soprattutto quando si fanno accenni alla lotta agli sprechi e alla partitocrazia che ha immobilizzato e gettato nel burrone il Paese. I numeri lo confermano: lo studio realizzato da SpinCon nella prima settimana di maggio e poi pubblicato sull'Opinione mostra che a livello nazionale il movimento di Grillo non ha raccolto solo il 30% di voti dai delusi del Popolo della libertà, ma anche un consistente 14% dalla Lega Nord. Cifre che pesano per una realtà che ha una concentrazione prettamente geografica (l'Italia settentrionale) e che era appena riuscita a insediare truppe nuove in Emilia-Romagna: la fiducia è durata troppo poco, le barriere non erano ancora abbastanza soldi e il contraccolpo si è fatto sentire. Eccome. 


di Dario Mazzocchi