Il flop dell'estremismo moderato

giovedì 17 maggio 2012


Come già ampiamente riportato su queste pagine, l'estremistico moderatismo di Pier Ferdinando Casini, in merito ad un presunto complotto ordito dalle agenzie di rating ai danni dell'Italia, mi ha lasciato letteralmente di stucco. Francamente, al di là della ondivaga convenienza che troppo spesso orienta la linea dei politici di professione, pensavo che l'ex presidente della Camera ci tenesse ad accreditarsi come un sostenitore del governo Monti sulla base di un sano realismo, senza inseguire le suggestioni di una cultura illiberale ed anticapitalistica.

Una cultura da sempre ostile ad ogni forma di capitalismo e che, dunque, di principio tende a criminalizzare l'intero mondo della finanza. Tant'è che le componenti più retrive e radicali della politica italiana continuano ad attribuire la responsabilità della crisi in atto alle banche ed a chi opera genericamente nei mercati finanziari, senza quasi considerare gli aspetti fondamentali della spesa statale in eccesso e di un debito pubblico in perenne crescita. Ebbene, non capisco proprio quale sia la convenienza politica del leader dell'Udc nel cavalcare una sinistra onda emotiva la quale, come sta accadendo in Grecia, potrà certamente attirare un certo consenso, ma che tuttavia ci porta in alto mare sul piano della comprensione dei problemi. Se, infatti, vogliamo veramente affrontrare alla radice i mali che affliggono il paese non possiamo continuare a raccontar favole.

Nella fattispecie, il ragionamento da fare è semplice. Le agenzie internazionali di rating tendono a fotografare l'andamento di uno stato e di una azienda, ma non sono certamente oracoli infallibili. L'errore è sempre possibile e plausibile. Nondimeno, l'idea che queste ultime possano influenzare in modo determinante i mercati è una favola che nessun uomo pubblico serio e responsabile, così come Casini si sforza da sempre di apparire, dovrebbe propalare. Questo perchè la diffusione e la capillarità degli stessi mercati finanziari è tale che una valutazione sostanzialmente sballata verrebbe in breve tempo sconfessata, gettando nel totale discredito chi l' ha incautamente diffusa. Da questo punto di vista, per fare un esempio eclatante, se qualche autorevole istituto volesse attribuire alla Germania il nostro stesso giudizio di rischio, qualcuno potrebbe prestargli fede, innescando una repentina vendita di bond tedeschi sul mercato secondario?

Io penso proprio di no. L'unico a bruciarsi il posteriore, come si suol dire, sarebbe lo sprovveduto che ha avuto l'ardire di far circolare un tal infondato giudizio. Ma dirò di più, in questa particolare fase storica, in cui si è amaramente appreso che ciò che sosteneva la famosa Lady di ferro è maledettamente vero in ogni epoca, ossia che i soldi degli altri prima o poi finiscono, le stime impietose delle varie agenzie di rating dovrebbero rendere più caute e responsabili le classi politiche dal lato dei bilanci pubblici, controllando sul piano della spesa il colossale problema dei debiti sovrani. Ma questo non si ottiene certamente, così come vorrebbe lo stesso Casini, creando una sorta di Moody's europea controllata dalla politica.

Molti liberali di questo disgraziato paese non si aspettano da chi si propone come moderato una crociata contro la solita speculazione cinica e bara, bensì tutta una serie di proposte per rimettere realmente in equilibrio un sistema affetto da quello stesso collettivismo che ovunque ha condotto al fallimento. Solo in questo modo si modificano le valutazioni di rischio, non con le chiacchiere e gli anatemi. Gli estremismi moderati proprio non servono.


di Claudio Romiti